Consigli non richiesti a giovani scienziati aspiranti divulgatori - Scienza in cucina - Blog - Le Scienze

2022-11-07 16:05:12 By : Ms. zhenqi craft

Spesso mi scrivono giovani ricercatori o studenti chiedendomi come si diventa divulgatori scientifici. Come si “diventa” non lo so: io ho iniziato quasi per caso e non lo faccio per professione. Però nel corso degli anni mi sono fatto un po’ di esperienza su come si può fare divulgazione scientifica. Ho pensato quindi di mettere per iscritto qualche consiglio (non richiesto) a giovani scienziati aspiranti divulgatori specialmente su qual è il modo migliore per comunicare temi controversi e scottanti come le biotecnologie, la sperimentazione animale, le energie alternative, la chimica nel quotidiano, l’omeopatia, i vaccini e così via. Sono consigli e considerazioni tratti dalla mia esperienza personale senza nessuna pretesa di una trattazione sistematica di come si debba comunicare la scienza in generale.

Sarà un viaggio lungo e a puntate, diretto esplicitamente ai giovani ricercatori con la passione della divulgazione e quindi probabilmente interesserà solo pochissimi. Gli altri non temano perché questo rimarrà il blog della Scienza in Cucina, solo con qualche puntatina fuori campo.

Credo che il modo migliore per iniziare questo discorso sia spiegare come non si devono affrontare certi temi perché si va verso il fallimento sicuro. Gli scienziati tendono a pensare che “se solo il pubblico sapesse le cose che sanno loro non ci sarebbe più nulla da discutere e tutti la penserebbero nello stesso modo”. E questo soprattutto nei casi dove il consenso è quasi unanime tra gli scienziati ma non lo è affatto nel pubblico, vedi la sicurezza degli OGM, l’utilità dei vaccini, il funzionamento dell’omeopatia per effetto placebo, la necessità della sperimentazione animale ecc..

Piccola parentesi: non c’è mai l’unanimità, in nessun campo scientifico, ma di questo parleremo più avanti, insieme all’irresistibile e nefasta tendenza di certi giornalisti a scovare “la voce contro” e a dargli purtroppo lo stesso peso della cosiddetta “scienza ufficiale” (cioè della grande maggioranza degli scienziati) se non di più. Ci arriveremo.

Tutti gli scienziati sono (o si ritengono) persone razionali, che davanti a fatti accertati, esperimenti riproducibili e ben fatti, ragionamenti solidi e logica inoppugnabile arrivano alle stesse conclusioni, raggiungendo un consenso quasi unanime (vedi sopra). Quindi perché il pubblico non dovrebbe fare altrettanto? Perché davanti agli stessi fatti una buona parte del pubblico giunge a posizioni diverse da quelle degli scienziati?

La risposta standard dello scienziato è che il pubblico non ne sa abbastanza. Confonde virus e batteri, non sa che una molecola di sintesi è indistinguibile da una naturale, non sa che i geni sono in ogni essere vivente, non sa come funziona l’evoluzione e così via.

La soluzione proposta dello scienziato è ovvia ed è quella che lui stesso ha appreso sui banchi dell’Università: ci si siede a sentire il luminare e si impara tutto quello che dice. Quindi basta spiegare al pubblico che cosa è il DNA, come funzionano i vaccini o la fisiologia umana e tutti abbracceranno gli OGM, abbandoneranno diete idiote a base di alimenti “acidificanti e alcalinizzanti” o gruppi sanguigni, faranno vaccinare i figli in massa e smetteranno di andare dal naturopata.

Beh, non funziona così. Questo è quello che gli studiosi della comunicazione della scienza chiamano “deficit model”: si descrive il pubblico come fondamentalmente ignorante di questioni scientifiche e per colmare questa carenza è necessario riversare più informazioni nelle loro teste. È l’approccio che a volte viene chiamato Top-Down: le informazioni vanno dall’alto (della cattedra) al basso e non devono venire discusse. “Zitto e ascolta tu che queste cose non le sai”.

Questo è l’approccio seguito da migliaia di anni in ogni scuola, (e credo che in certi casi sia insostituibile), ma non funziona nel mondo reale con un pubblico generico. In particolare le persone su molti temi si fanno una opinione basandosi spesso su processi non razionali e che coinvolgono altri aspetti oltre a quello puramente scientifico, e l’esperienza ha mostrato che questo tipo di approccio Top-Down semplicemente non funziona. L’idea che basti spiegare come funziona il DNA per far accettare al pubblico gli OGM è semplicemente una illusione, che piaccia o meno.

Si possono trovare molti esempi di comunicazione scientifica diretta al pubblico, o al potenziale consumatore, effettuata secondo questa metodologia. In gran parte la storia della comunicazione delle biotecnologie agrarie (appunto, gli OGM) effettuata soprattutto dalle multinazionali del settore è leggibile in questa maniera. Sin dagli anni ’90 la comunicazione di Monsanto in questo campo è un esempio di come non si dovrebbe effettuare una campagna: “basterà spiegare alla gente che un gene è un gene e tutti accetteranno gli OGM”, dimenticando di considerare le implicazioni etiche, sociali, politiche ed economiche, le incertezze, i dubbi, gli interessi ecc.

Robert Shapiro, CEO di Monsanto, lo dichiarò già nel 1999:

“Siamo andati avanti sulla base della nostra fiducia nella tecnologia e abbiamo visto i nostri prodotti come grandi doni sia per gli agricoltori che per l'ambiente. Abbiamo pensato ingenuamente che il resto del mondo avrebbe guardato le informazioni e sarebbe giunto alle stesse conclusioni”

Personalmente fossi in loro avrei licenziato in tronco da tempo il personale del settore comunicazione ma incredibilmente non hanno ancora imparato la lezione e continuano a commettere gli stessi errori. Questo ha creato danni enormi a tutto il settore, rendendo estremamente difficile per la ricerca pubblica, con molti meno mezzi a disposizione, correggere i danni comunicativi causati, anche ammesso che si sapesse come fare.

Certo che glielo devi spiegare cosa è un gene, ma se ti fermi a questo ottieni l’effetto opposto.

L’8 giugno scorso in giro per l’Italia è stata organizzata la giornata “Italia unita per la corretta informazione scientifica”, che spero diventi un appuntamento fisso. I temi trattati dai vari relatori erano proprio quelli che più generano divisione e incertezza nel pubblico: sperimentazione animale, OGM, vaccini, cellule staminali e così via. Una critica che è stata fatta ad alcune conferenze è che erano costruite proprio secondo questo modello: dirette più a degli studenti universitari che al grande pubblico. D’altra parte nessuno all'università insegna a noi scienziati come comunicare efficacemente, a meno di seguire un master post laurea. È anche per questo che ho pensato che forse le mie esperienze potrebbero essere di aiuto a qualche giovane scienziato aspirante divulgatore.

Che piaccia o meno se un divulgatore vuole raggiungere il suo obiettivo, deve prepararsi in anticipo nel veicolare il proprio messaggio, soprattutto se questo è “problematico”, al pubblico specifico a cui vuole rivolgersi.

Facciamo ora un passo indietro nel tempo e andiamo negli anni ’80: Michael Jackson e Madonna vengono consacrate come Pop Star, viene messo sul mercato il primo PC IBM e dopo qualche anno la Apple lancia il primo Macintosh. Al cinema si conclude la prima trilogia di “Guerre Stellari” e iniziano quelle di “Indiana Jones” e di “Ritorno al futuro”. Inizia la pandemia di AIDS, Kary Mullis inventa la PCR, che rivoluzionerà la biologia mentre la “crisi della mucca pazza” segna l’inizio di una crisi profonda di fiducia tra il grande pubblico e la scienza.

Nel 1985 la Royal Society, l'istituzione scientifica britannica più prestigiosa, pubblica un rapporto sulla Public Understanding of Science, (o PUS come tutti la chiameranno in seguito), la "comprensione della scienza da parte del pubblico", conosciuto anche come Rapporto Bodmer dal nome del Dr. (futuro Sir) Walter Bodmer, direttore dell’Imperial Cancer Research Fund, che ha presieduto il comitato che ha stilato il rapporto.

Il rapporto nasceva dalla considerazione che le conoscenze scientifiche del pubblico in un mondo sempre più scientificamente e tecnologicamente avanzato non fossero sufficienti per prendere decisioni informate, sia personali che all’interno della società o di una azienda.

Ora più che mai, le persone hanno bisogno di una certa comprensione della scienza, sia che debbano prendere decisioni a livello nazionale o locale, che gestiscano aziende industriali, che abbiano impieghi qualificati, nell’esercizio del voto come privati ​​cittadini o nel prendere una vasta gamma di decisioni personali. Con la pubblicazione di questo rapporto il Consiglio spera di mettere in evidenza la necessità di una comprensione generale circa la natura della scienza e, più in particolare, del modo in cui la scienza e la tecnologia pervadono la vita moderna, e spera che genererà sia un dibattito che decisioni sul modo migliore in cui esse possono essere promosse.

Il rapporto suggerì una serie di azioni per correggere la mancanza di conoscenze scientifiche del pubblico allo scopo di migliorare la capacità del cittadino di compiere scelte, sia individuali che collettive, che avessero un solido fondamento scientifico.

Spesso la scienza e gli scienziati vengono criticati dalle scienze sociali, accusati di considerare le loro risposte “migliori” di altre. Il rapporto PUS è onesto e esplicito in questo:

Il mondo sarebbe un posto migliore, o anche diverso, se il pubblico capisse di più la portata e i limiti, i risultati e i metodi della scienza? [...] Una migliore comprensione generale della scienza, a nostro avviso, migliorerebbe significativamente la qualità del processo decisionale pubblico.  Non perché si prenderebbero le decisioni "giuste", ma perché le decisioni prese alla luce di una comprensione adeguata delle questioni è probabile che possano essere migliori di decisioni prese in assenza di tale comprensione.

Per decidere tra le affermazioni contrastanti dei vari vociferanti gruppi di interesse su questioni controverse come le ‘piogge acide’, l'energia nucleare, la fecondazione in vitro o la sperimentazioni sugli animali, l'individuo ha bisogno di conoscere alcuni dei dati di fatto così da essere in grado di valutare la qualità delle argomentazioni presentate. Una più ampia comprensione degli aspetti scientifici su una questione non porterà automaticamente ad un consenso circa la risposta migliore, ma porterà almeno ad un processo decisionale più informato, e quindi migliore.

Non ho difficoltà ad ammettere che da scienziato la penso in modo simile: i fatti scientifici devono essere il punto di partenza per la discussione pubblica di molti temi (certo non di tutti). Non è ammesso accettare le opinioni di chi pensa che 2+2=5. Le opinioni non sono tutte uguali. Alcune si rispettano altre no. E tutti devono accettare il fatto che 2+2=4 e partire da lì.

Questa è la struttura che ho volutamente dato a molti capitoli dei miei libri, “Pane e Bugie”, “OGM tra leggende e realtà” e “Le bugie nel carrello”. Prima ho esposto i fatti accertati, facendo una selezione ragionata nella letteratura scientifica, cercando di mostrare i vari aspetti della questione, e poi ho mostrato i miei ragionamenti basati su quei fatti. Chiarendo bene i miei passaggi logici, ed esponendoli al lettore senza però pretendere che accetti le mie conclusioni a scatola chiusa. Pretendendo però che si parta da quei fatti accertati per arrivare, magari, a conclusioni diverse seguendo ragionamenti diversi. Questo modo di strutturare i capitoli è, incidentalmente, stato anche apprezzato da molti lettori, citandolo esplicitamente in varie recensioni per cui mi sento caldamente di consigliarlo ai giovani scienziati aspiranti divulgatori: separare bene i fatti dai ragionamenti e le opinioni basati sui fatti. Esattamente come si fa in un normale articolo scientifico.

Quando parlo di biotecnologie o di rischio chimico non voglio solo raccontare i fatti nel modo più obiettivo possibile, ma anche spiegare perché a partire da quei fatti traggo le mie conclusioni. E mi infastidiscono molto coloro che pretenderebbero che uno scienziato raccontasse solamente i fatti nudi e crudi, come se a ragionare e discutere fossero tutti autorizzati (letterati, filosofi, sociologi, preti, politici, giornalisti ecc..) tranne che gli scienziati, marmaglia secondo alcuni pericolosa e quindi da tenere sotto stretto controllo (a questo proposito mi sento di consigliare la lettura di “perché gli scienziati non sono pericolosi”, di Gilberto Corbellini).

Già pochi anni dopo la pubblicazione del rapporto ci si è resi conto che il comportamento del pubblico rispetto alla scienza non era interpretabile solamente in termini di ignoranza del pubblico nelle questioni scientifiche. Il fisico John Ziman, membro del comitato che ha stilato il rapporto PUS, nel 1990 coniò il termine “Deficit model” per indicare questa visione inadeguata del rapporto del pubblico con la scienza.

Il rapporto PUS è stato a volte criticato, a mio parere ingiustamente, dipingendolo come se suggerisse solamente di riempire di informazioni scientifiche il pubblico. Non è così. Lo dicono chiaramente sin dall’introduzione: “Comprensione, per noi, significa capire la natura dell’attività scientifica e non solamente la conoscenza di alcuni fatti”.

“Comprensione della scienza” non include solamente i fatti scientifici, ma anche il metodo ed i suoi limiti, nonché un apprezzamento delle implicazioni pratiche e sociali. In più una parte essenziale della comprensione della scienza riguarda una comprensione di base della statistica, della natura del rischio, dell'incertezza e della variabilità, insieme alla capacità di assimilare dati numerici.”

E in molti altri punti:

L’insegnamento della scienza non dovrebbe solo impartire la conoscenza di fatti scientifici ma anche la familiarità col metodo scientifico, la natura e le limitazioni di questo, la storia della scienza e il ruolo nella società di scienza e tecnologia.

Come accennavo il PUS è stato molto criticato, specialmente nell’ambito delle scienze sociali. Non è questo il luogo per discutere delle varie critiche al PUS e dei vari approcci che seguirono per coinvolgere il pubblico (con acronimi altrettanto repellenti, come PEST )

Tornando al “Deficit Model”, concludendo questa prima chiacchierata, il mio parere personale di scienziato con la passione per la  divulgazione è che sì, è sostanzialmente corretto dipingere il grande pubblico come carente scientificamente (come altro interpretare il fatto che il 40 per centro degli italiani pensi che il sole è un pianeta e non una stella o il 50 per cento che confonde virus e batteri?)

È altrettanto banalmente ovvio che se il pubblico avesse davvero lo stesso livello di conoscenze degli esperti dei vari settori, e condividesse i loro modelli di ragionamento razionale, arriverebbe alle stesse conclusioni su vaccini, OGM e sperimentazione animale (sempre con il caveat della non unanimità accennato sopra, esiste sempre uno scienziato che dice stupidaggini. E' un teorema): dopo tutto anche gli esperti erano “pubblico” prima di diventare esperti e sono ancora “pubblico” nei campi in cui non sono esperti.

Purtroppo però non basta una conferenza per trasformare il pubblico in “esperto”, anche perché spesso e volentieri il pubblico non ha il minimo interesse a diventare esperto. Non si può essere esperti di tutto. Non vuole sapere del DNA e dei geni. O quanto meno non vuole sapere solo di DNA e geni. Vuole capire che valori sono coinvolti, chi ci guadagna e chi ci perde, chi controlla gli sviluppi tecnologici, se è in contrasto con la sua morale, la sua etica, la sua religione, con il suo modo (anche legittimamente irrazionale) di vedere il mondo. Se ci si può fidare, quali sono i rischi e i benefici, come cambia la sua identità sociale e così via.

Quindi pensare che con una lezione stile universitaria “dalla cattedra al  banco” le persone cambino idea sui vaccini e sugli OGM è semplicemente illusorio. Una piccola parte forse lo farà, ma dipende molto da cosa e soprattutto da come vengono dette le cose.

Insomma, l’analisi del rapporto Bodmer era condivisibile ma la condotta suggerita non era sufficiente. Necessaria ma non sufficiente. Non era sbagliato suggerire di investire nell’educazione scientifica nella scuola primaria, di potenziare i musei scientifici di tipo innovativo dove le persone “fanno e capiscono”, di invitare gli scienziati ad aprirsi verso la società, di aiutare gli insegnanti a preparare esperienze da fare con i bambini, potenziare le biblioteche, istituire premi scientifici per piccoli aspiranti scienziati, organizzare festival scientifici e così via. Solo non era sufficiente. Focalizzarsi solamente sull’ignoranza del pubblico non era una strategia efficace. E non lo è nemmeno tuttora se si vuole che il pubblico condivida le conclusioni degli “esperti” sulla sperimentazione animale, sulla sicurezza degli OGM, sui vaccini e così via. Sono di parte? Certamente.

Il “take home message” agli scienziati

La raccomandazione finale del rapporto PUS, quella più importante, è da sposare interamente anche ora, 30 anni dopo: “Comunicare la scienza ad un pubblico generico non è facile e, si potrebbe pensare, dovrebbe essere lasciato a coloro che lo fanno di mestiere e non agli scienziati. Tale atteggiamento non è più appropriato, e probabilmente non lo è mai stato. Gli scienziati nel loro complesso devono riconoscere che hanno la grande responsabilità di parlare con il pubblico.”

“Il nostro messaggio più diretto e urgente deve essere agli stessi scienziati: imparate a comunicare con il pubblico, siate disponibili a farlo e consideratelo un vostro dovere.”

Non posso che reiterare l’invito: siate disponibili a farlo e consideratelo un vostro preciso dovere sociale. Dopo tutto è il cittadino che vi paga lo stipendio da scienziati, e la società potrebbe beneficiare anche da questa vostra attività, e non solo nella produzione di pubblicazioni scientifiche. Come farlo? Qualche suggerimento dalla prossima volta.

Scritto in Divulgazione, Scienza | 196 Commenti »

Grazie mille, Dario! Seguirò questa serie di interventi con molto interesse!

"...quindi probabilmente interesserà solo pochissimi..." Eccomi qua

Grazie dell'articolo Dario, temevo ci avessi abbandonati! =)

Ottimo post come sempre! Mi permetto di segnalare a proposito l'esistenza di un corso di laurea magistrale presso la sapienza "comunicazione scientifica biomedica", è interfacoltà tra medicina e comunicazione, lo scopo è proprio quello di formare laureati in comunicazione con basi scientifiche e mediche.

Interessante come sempre. Attendo la seconda parte... non sono divulgatrice, ma mi ritrovo a litigare spesso sulle cazzate ascientifiche.

(Forse qui c'è un refuso? "Gli scienziati nel loro complesso devono riconoscere che hanno una GRANDE RESPONSABILITA' GRAVE di parlare con il pubblico.")

Grazie anche per questo articolo. Caro Dario (mi permetta questa confidenza) sono da poco tempo un suo lettore (e non vedo l'ora di "mangiarmi" le bugie nel carrello) ma ogni volta che leggo qualche suo articolo di etica scentifica, se così posso chiamarla, non posso che ritrovarmi quasi completamente con il suo pensiero. E' un piacere personale aver fatto questa bella scoperta di cui volevo comunque renderle merito.Ancora Grazie.

Consueto ottimo post! Restando in argomento, consiglio la lettura di "A Field Guide for Science Writers" e "The Oxford Book of Modern Science Writing"

Articolo davvero stimolante e interessante, come sempre. Grazie.

Io e la mia dolce metà, un chimico "i.....o", ti seguiamo spesso. Ottimo post. Il problema è che la scienza, anche se divulgata in maniera semplice, è considerata un gradino sotto a tutte quegli aspetti definiti "umanistici" e soprattutto "irrazionali" che fanno tanto uomo. Conosco talebani integralisti verdi che hanno smesso di leggerti perchè contraddici con i fatti le loro opinioni.

Grazie per i preziosi consigli da una divulgatrice in erba! Attendo impaziente l'articolo sul "come"...troppe volte mi sono sentita dire che un divulgatore deve fare "spettacolo" più che spiegare, altrimenti non riesce a rendere la scienza interessante e attraente...

Caro Dario, ottimo articolo! Aggiungerei (ma forse lo farai tu stesso in seguito) che tanta gente non vuole capire ma solo essere rassicurata. Il che inevitabilmente inficia ogni tentativo di comunicazione razionale e scientifica. Continua così!

caro Dario, m'hai provocato Come sai io e miei colleghi abbiamo idee ben precise in merito: fare divulgazione è un mestiere a parte, essere scienziati non basta. La differenza tra la tua pregevole opera di divulgazione e la nostra è che tu puoi permetterti di portare avanti una tesi, noi no. Dobbiamo avere uno sguardo a 365 gradi, fermo restando che i fatti sono fatti, ma la comunicazione è fatta anche da altro, in primis questioni economiche, sociali, psicologiche eccetera. Non è una questione sindacale, è che proprio è un altro lavoro. È diverso anche lo scopo: il PUS è fallito perché l'hanno pensato gli scienziati e voleva insegnare. Come dico spesso, io non insegno ma informo, che è diverso. Non ho un'agenda, non voglio che gli italiani amino di più gli OGM; ma vorrei che decidessero autonomamente dopo aver ascoltato i fatti, non le balle. In questo siamo alleati: a me servono scienziati come te che si mettono in gioco in prima persona e magari sono capaci di cogliere le difficoltà del pubblico, senza trattarli da ignoranti, cosa che purtroppo accade. Quindi ai giovani scienziati io dico sempre due cose: siate disponibili con chi fa questo lavoro ed esercitate il vostro piccolo potere sul mondo della comunicazione, lavorando con i comunicatori e giornalisti migliori e rifiutando di lavorare con chi scrivi cavolate. È l'unico modo che abbiamo per incidere sui meccanismi perversi che governano i media e che se ne fregano della qualità (non solo nella scienza, credetemi). Ciò detto, non credo che gli italiani siano così ignoranti come li dipinge quel rapporto che citi. Come ho scritto su FB, la metodologia di quell'indagine mi lascia perplessa. Sono stati estrapolati tre indicatori da un set più ampio e, se noti, in anni passati le percentuali di risposte corrette sono tutte intorno al 35 per cento, quando le risposte sono di tipo si/no (quindi statisticamente, anche con risposte casuali, potresti raggiungere il 50%). Come mi ha confermato una sociologa della comunicazione che ha partecipato anche a Eurobarometro e altre indagini, non si è mai vista una crescita tanto elevata di risposte corrette in un solo anno in nessun tipo di campione. Il fatto che per svariati anni non si arrivi al 50% significa, secondo me, che non hanno tenuto conto del fenomeno delle false credenze, ma questi sono dettagli tecnici.

Beh, Daniela, la tua sembra più che altro una difesa della categoria. Della serie: "in Italia non siamo poi così male e quindi noi giornalisti scientifici abbiamo fatto un buon lavoro". Solo che i giornali li leggiamo anche noi ed intorno a noi abbiamo un'idea della situazione in tema di cultura scientifica. Non mi pare si siano raggiunti grandi risultati.

No Bacillus, non lo è. In tutta Europa (e nel mondo) si discute del fatto che per dare una corretta informazione scientifica bisogna puntare su una categoria di giornalisti e divulgatori DI PROFESSIONE, ben formati e sostenuti dalla comunità scientifica. Solo qui in Italia si continua a pensare che uno scienziato possa trasformarsi in divulgatore solo perché impara a "parlare semplice". Anzi, non si aspetta nemmeno che impari a parlar semplice. Giusto per chi fosse curioso di sapere come funziona altrove, fatevi un giro sul sito del congresso mondiale dei giornalisti scientifici che si tiene la prossima settimana a Helsinki.

Si parla esattamente dei problemi a cui accenna Dario. Che da noi non sia così, è davvero un peccato, ma non per i giornalisti, proprio per il paese. Ciò detto, contestavo i dati non per dire che siamo tutti bravissimi, ma perché secondo me non sono corretti e basta.

Daniela, ho discusso di questo anche con amici comuni. La mia visione personale (ma credo abbastanza diffusa tra scienziati) è che comunicatore, giornalista e divulgatore siano cose diverse. E (sempre nel mio ristretto mondo) la "divulgazione" la fanno gli scienziati (che ne sono capaci, pochi) principalmente (con qualche eccezione ovviamente). Dawkins, Gould e Atkins insomma (con in più personaggi come Piero Angela che non viene percepito come giornalista scientifico). Tu stessa usi poi il termine "comunicazione" che per me significa sicuramente un altro mestiere.

Per il rapporto sulla scienza: appunto, viene presentato come un "miglioramento" degli italiani ma non si arriva al 50%. Figuriamoci se rimanevamo al 35% degli anni scorsi Io lo leggo in negativo anche ammesso e non concesso che siano *davvero* al 50%

Dario, come sai non sono molto d'accordo, ma molti scienziati la pensano come te, quindi che devo dire? Speriamo solo che il pubblico capisca la differenza tra giornalismo e divulgazione, perché secondo me non la capisce (e quindi non percepisce del tutto il fatto che lo scienziato non è "neutro" ma ha un messaggio da trasmettere, il che lo rende automaticamente meno obiettivo).

Aggiungo anche che è proprio perché non basta "parlar semplice" che mi sono messo in testa di scrivere queste cose. Nulla in contrario ovviamente a che ci siano divulgatori di professione (come ho detto distinti dai comunicatori e giornalisti), ma non posso ovviamente concordare con l'idea che gli scienziati non dovrebbero farla E se penso a divulgatori di successo, anche in Italia, mi vengono in mente soprattutto scienziati (comunque la si pensi su Odifreddi, Boncinelli, la Hack e così via, è indubbio che abbiano successo e siano riconosciuto come divulgatori)

Daniela, come ho scritto esplicitamente, gli scienziati *non* sono neutri. Ed è giusto che sia così! Non ci si può autocastrare e permettere a tutti gli altri invece di essere spavaldamente di parte. Io *voglio* trasmettere un messaggio. E così cercherò di dare qualche consiglio a chi vuole trasmettere il messaggio che SI, la sperimentazione animale è in molti casi ancora insostituibile, per esempio. Infine anche io una frecciatina: se non credi alla neutralità dello scienziato non lo puoi fare neanche per i giornalisti. Dopo tutto siamo tutti membri della stessa specie: crediamo nei nostri valori e cerchiamo di diffonderli

un'ex scienziata, aspirante divulgatrice ha trovato tutto molto interessante. Io credo che il saper comunicare, essere empatici con il pubblico sono caratteristiche che non tutti hanno, ma che sono fondamentali per provare a fare questo lavoro. Io mi alleno ogni giorno, ogni domanda che mi viene posta (ed alla quale so rispondere..... non mi butto in campi a cui non appartengo) mi pongo in modo da tentare di coinvolgere l'interlocutore, di farlo ragionare ed arrivare ad una sua conclusione. Non è semplice, a volte è davvero facile indirizzare le persone sulle proprie idee.... ma non credo che voglia dire divulgare. Le ultime vicende italiane hanno creato un muro tra scienza, ricerca e pubblico, il primo passo dovrebbe essere abbatterlo dicendo al grande pubblico che la scienza è dalla sua parte,che gli scenziati sono essi stessi cittadini e non hanno interessi diversi da quelli della salvaguardia del bene comune.

Daniela, sono anche io d'accordo con Dario: la divulgazione non puo' e non deve essere "neutra". Purtroppo per ragioni opposte non sono quasi mai "neutri" nemmeno i giornalisti, e non solo nella loro versione "light" di voler essere equidistanti tra una parte e l'altra, ma proprio per scegliere fin troppo spesso la parte sbagliata perche' e' piu' accattivante, piu' accettabile dal grande pubblico. In sostanza la maggior parte dei giornalisti cerca la "notizia", non l'informazione.

Melissa Marshall rivolge un messaggio a tutti gli scienziati (da non-scienziati): Siamo affascinati da quello che fate. Quindi raccontatecelo -- in modo che possiamo capirlo. In soli 4 minuti, condivide consigli efficaci sulla presentazione a un pubblico generico di idee scientifiche complesse.

http://www.ted.com/talks/melissa_marshall_talk_nerdy_to_me.html

@Daniela, per la mia breve esperienza però chi "continua a pensare che uno scienziato possa trasformarsi in divulgatore solo perché impara a “parlare semplice”" son proprio quelli che lavorano nelle redazioni dei giornali (quelli che ti chiedono di scrivere come se il tuo pubblico fosse solo quello degli avventori di un bar, quelli che giocano a briscola però). Il lavoro da fare è piuttosto quello di provare a costruire uno stile personale nella scrittura di cose di scienza e ci riesci solo se quelle cose di cui parli le hai capite bene perché solo così saprai cosa sottolineare e cosa e quanto trascurare. Neutro non è e non lo sarà mai nessuno, per fortuna aggiungo. Il giornalista che riferisce la notizia è cosa diversa ma anche solo mettere assieme i pezzi di una storia non è banale se di quella storia cogli solo qualche virgola.

Io ho comunicato per tanti anni a livello professionale per scopi commerciali: la mia era una professione e nemmeno Einstein sarebbe stato più bravo di me Tuttavia nulla toglie che gente tanto in gamba come tanti scienziati sono possa svolgere due professioni in maniera eccellente. Daije, Dario!

Ogni volta che faccio questa discussione con uno scienziato mi monta l'acido allo stomaco. Perché io non ho mai detto che gli scienziati non devono raccontare le loro cose, anzi, devono assolutamente, è parte del loro lavoro. Ma proprio i due che tu citi hanno spesso detto bestialità in ambiti non di loro competenza, perché non usano i ferri del mestiere. Se devo scrivere di fisica alzo il telefono e chiedo, oltre a leggere le fonti. Lo scienziato divulgatore, quando diventa famoso, si sente in diritto di dire la sua su tutto SENZA fare quello che anche il più modesto giornalista fa: chiedere a chi ne sa più di te. Quanto alla neutralità è un discorso che va ben oltre la scienza: è proprio la funzione sociale, direi democratica del giornalismo. Leggeresti un giornale politico scritto da politici, o la cronaca fatta dalla polizia o l'economia scritta dai gestori di fondi? No, perché essendo loro parte del sistema, vedono, in buona fede, solo una parte della storia. Al limite chiedi loro un parere competente, un editoriale. Ora, o pensiamo che la scienza sia fatta da angeli per dare all'umanità un futuro migliore oppure dobbiamo riconoscerne l'intrinseco conflitto di interessi. In questi anni un collega americano, Ivan Oransky, ha messo in piedi il sito Retraction Watch che raccoglie le segnalazioni di tutti i lavori scientifici ritirati dopo pubblicazione per svariati motivi. Sono tantissimi, molti dei quali continuano a essere citati da chi viene dopo. Il suo sito è servito molto per aprire la discussione sulla qualità della ricerca e sui meccanismi perversi che a volte la governano. Altri scienziati erano a conoscenza del problema ma nessuno lo ha portato alla luce, perché se sei nel sistema ti dici è il meglio che abbiamo. Ivan è stato accusato pubblicamente di "minare la credibilità della scienza". Però ha fatto il suo mestiere e lo ha fatto bene. Anche il nostro direttore può scrivere alcune delle cose che scrive perché è fuori dal sistema della produzione scientifica in Italia. Questa per me è la neutralità. Ora la pianto, altrimenti monopolizziamo il discorso, ma volevo che fosse chiaro il mio pensiero.

Ah, un'ultima cosa: io penso che tu sia un ottimo divulgatore e in questo ti considerò parte del meccanismo professionale della comunicazione della scienza. Ma se un giorno ti metti a scrivere, chessò, di geologia, senza usare lo stesso rigore sulle fonti e senza chiedere a un geologo, avrai in me un'acerrima nemica

Daniela, chiedere informazioni ad un esperto e' una cosa, saper capire la risposta in modo da semplificarla e non stravorgerla e' un'altra... sei sicura che tutti i professionisti dell'informazione lo sappiano fare?

@Dottoressa Ovadia, non so Boncinelli ma Odifreddi e la Hack non mi pare affatto che dicano bestialità né che non sappiano comunicare.

No, assolutamente no. Per questo bisogna investire in formazione professionale, ma nel rispetto delle reciproche competenze e funzioni sociali.

@Daniela in merito all'ignoranza degli italiani le consiglio di leggersi "La cultura degli italiani" di Tullio De Mauro. Cito un dato(tra i tanti): 74% di popolazione in età lavorativa che ha difficoltà a capire o scrivere un semplice testo(li chiamano analfabeti funzionali)o ci riesce malamente....

Come spesso accade, la frase di Dario che ricorre spesso nel blog

"Le opinioni non sono tutte uguali"

Le opinioni sono opinioni proprio perché opinabili, e rappresentano la libertà del singolo di esprimere il proprio parere.

Trovo davvero indecente che si possa discriminare un'opinione se viene da uno che di scienza non sa nulla.

Ogni opinione poi non deve essere dimostrata, ma al limite discussa, nell'idea che ognuno possa imparare da ogni altro. E mi fermo qui.

la divulgazione scientifica non puo' e non deve essere neutra, i fatti non sono opinioni sono fatti. altrimenti vale tutto. E' grazie a questo che ci troviamo pagine e pagine di pseudo divulgazione sull'omeopatia, sull'evoluzionismo e altre baggianate simili.

E in tutto questo cosa può fare il "non scienziato", ma semplicemente la persona curiosa (come mi ritengo di essere) che vuol approfondire "come funzionano le cose?

Insomma possiamo in qualche modo "aiutare" gli scienziati a comunicare?

Emanuele: le opinioni sono una cosa, i fatti altre. E' vero che non tutte le opinioni sono uguali:sono mie OPINIONI dire che 2+2=5 o che l'acqua è asciutta. Ma sono evidentemente baggianate. Come la mettiamo?

Ottima idea! Io credo che dovresti levare la parola*giovani* dal titolo, perché tali suggerimenti sono utili anche a chi non è più tale, ma vuole imparare a divulgare la scienza al *pubblico* nella maniera più corretta (per provare a contrastare l'ignoranza dilagante) dopo anni di comunicazioni a congressi ed articoli scientifici per propri pari

Dario e Daniela Ovadia, questo vostro scambio ha arricchito ancor più il già pregevole intervento di Dario. Tutto molto interessante, saranno sicuramente spunti molto utili per la preparazione del prossimo 8 giugno! E perchè no, di tutti gli altri interventi su questa strada (Notte del Ricercatore, Festival della Scienza) a cui noi giovani "scienziati" che vogliamo raccontare un pezzetto del nostro pane quotidiano Contiamo sul vostro aiuto, perchè effettivamente non è un'impresa da poco. P.S. Mi trovo a concordare con Daniela sul fatto che alcuni scienziati dicano bestialità quando si trovano nel loro: la Hack ne ha dette diverse, e non parliamo di Veronesi... fermo restando che si tratta di ottimi scienziati e che nella maggior parte dei casi sono ottimi comunicatori) P.S. n. 2: Emanuele, forse il termine "opinione" in quel contesto era infelice, ma resta il messaggio: alcune persone si basano sui fatti, altre su tesi non provate (o addirittura contraddette) da fatti. Le opinioni delle prime, in materia scientifica per lo meno, non possono essere equiparate a quelle delle seconde. Non si tratta di discriminazione, si tratta di seguire o meno il metodo scientifico.

errata corrige: ovviamente, intendevo dire "quando NON si trovano nel loro [campo]

“basterà spiegare alla gente che un gene è un gene e tutti accetteranno gli OGM”

....e così nacque l fragola-pesce!!!!

Quando si dice che la differenza fra la divulgazione e il giornalismo è che la prima è volta a promuovere un prodotto (la scienza, il metodo, una visione, ecc), mentre il secondo deve essere neutrale e prendere in esame più punti di vista diversi, tutti subito pensano da un lato all'ottimo Dario e dall'altro ai pessimi esempi di "confronto" che si vedono spesso sui giornali. Parli di evoluzione? Ci metti Odifreddi (che tra l'altro è un matematico) e lo fai dibattere con il monsignore di turno. Parli di OGM? Pigli Bressanini e ci metti dall'altra parte Buiatti. Questa cosa qui non è essere neutrali, è scaricare il problema (e la responsabilità) in una specie di par condicio che non tiene conto del peso diverso che hanno le opinioni espresse (in relazione ai fatti su cui si basano). Dar l'idea che la scienza è divisa sul cambiamento climatico è sbagliato, così come lo è dar l'idea che c'è dibattito sulla teoria dell'evoluzione (c'è dibattito all'interno della teoria dell'evoluzione). Eccetera. Essere neutrali (e qui viene il ruolo di chi come Daniela e tutti noi che ci occupiamo professionalmente di comunicazione della scienza) vuol dire prendere in considerazione tutti gli altri punti di vista oltre a quello scientifico e digerirli, legarli assieme per dare un quadro della situazione il più completo possibile. Per far questo serve tempo (uno dei motivi per cui diventa una professione è che ci devi dedicare moltissimo tempo), comprensione del problema (motivo per cui bisogna saperne di quel che si comunica), conoscenze giuste (motivo per cui serve la collaborazione degli scienziati) e una cassetta degli attrezzi della comunicazione che un po' impari studiando e un po' ti costruisci man mano con l'esperienza (motivo per cui non ci si può improvvisare).

Quindi, Dario parla a quelli come lui (che sono pochi e lo sa), che sono scienziati con un talento naturale che li fa arrivare al pubblico, che hanno voglia di raccontare quel che fanno per "ispirare" giovani e meno giovani e trasmettere una visione di un certo tipo. Ma proprio perché quelli come Dario sono pochi, serve un lavoro costante, giorno per giorno, giornale per giornale per cercare di migliorare la qualità dell'informazione che, avete ragione, è pessima. E per farlo serve gente che lo sappia fare.

PS: se poi gli scienziati la smettessero di prestarsi al giochino delle campane (Dario non è tra questi, ma Odifreddi ci sguazza), ecco, aiuterebbero ancora di più la "causa".

Caro Emanuele, mi permetto di dissentire in parte dal tuo commento. Ritengo che siano le persone a dovere essere rispettate ma non necessariamente le loro opinioni. Se io penso che la terra sia piatta (esiste anche una associazione di persone che così la pensa, http://theflatearthsociety.org/cms/) non credo che la mia opinione debba essere diffusa e messa in condizione di creare confusione. Credo che una opinione su una certo affermazione debba essere rispettata in base alla probabilità (deducibile scientificamente) che tale affermazione sia vera. Preferisco il gelato alla vaniglia: affermazione vera (se non sto mentendo) e degna del massimo rispetto. Il gelato al cioccolato non deve essere prodotto perché quello alla vaniglia è migliore: affermazione falsa perché per essere vera presuppone che tutti la pensino come me, il che è palesemente falso. Penso che su Marte ci sia stata la vita: affermazione non verificabile al momento ma che non è in contrasto con i dati noti. Penso che la omeopatia non produca gli effetti che dice di produrre e soprattutto non per le ragioni comunemente proposte (memoria dell'acqua, etc.). Affermazione apparentemente opinabile per via della grande mole di informazioni a cui bisogna accedere per elaborare un pensiero critico. Se tuttavia si ha accesso alle informazioni, essa diventa una verità praticamente certa. Essere informati ci aiuta ad avere opinioni migliori. Abbiamo tutti diritto di esprimere una propria opinione ma dovremmo accettare il fatto che le nostre idee potrebbero essere sbagliate e sforzarci di migliorare.

@Emanuele Le opinioni non hanno tutte lo stesso valore. Tutte hanno il diritto di essere espresse e tutte meritano di essere ascoltate ma non tutte hanno lo stesso peso. Sennò, senza averlo mai assaggiato, io potrei dire che il tuo vino non è buono e tu dovresti accettare tale giudizio punto e basta anche qualora nella vigna la tua famiglia si fosse spezzata la schiena per generazioni mentre nella mia si fosse tutti astemi (il che è evidentemente un mero esempio

Dario, che mi si approvi!

Sante parole, e argomenti molto interessanti, condivido di corsa con quelli del settore. Da ingegnere nucleare ho avuto le prove della difficoltà della divulgazione scientifica quando ci fu il referendum. Alla fine per disperazione smisi di cercare di far ragionare e informare le persone "del pubblico", per manifesta infruttuosità dei miei tentativi razionali di fronte alle superstizioni medioevali.

Questa secondo te andrebbe tra la "buona" o "cattiva" divulgazione??

http://images.prod.fondazioneveronesi.it/attachment/1357897193_27/03_ogm.pdf

Gli scienziati facciano gli scienziati a patto di non credere di reinventare la lingua italiana :

Concetto che una o più persone si formano riguardo a particolari fatti, fenomeni, manifestazioni, quando, mancando un criterio di certezza assoluta per giudicare della loro natura, si propone un’interpretazione personale che si ritiene esatta e a cui si dà perciò il proprio assenso, ammettendo tuttavia la possibilità di ingannarsi nel giudicarla tale".

2+2=5 non è un'opinione, non diciamo assurdità. Dario lo fa spesso, confonde l'opinione (sacrosanta) con un'affermazione errata, che proprio perché errata non può essere considerata opinione. Al massimo la possiamo chiamare una falsa opinione o stereotipo.

Tutti siamo quindi liberi di esprimere opinioni proprio perché tutto ciò è utile e arricchisce il dialogo.

@luca 10041966 dixit: "Il problema è che la scienza, anche se divulgata in maniera semplice, è considerata un gradino sotto a tutte quegli aspetti definiti “umanistici” e soprattutto “irrazionali” che fanno tanto uomo."

Detta così, da questa frase traspira un sentimento vittimista e autocommiserativo che, imho, non corrisponde affatto al reale rapporto fra scienza e "uomo della strada". In secondo luogo se ne inferisce che l'attribuzione di "umanità" sia data dagli aspetti "irrazionali" dell'esistenza o del pensiero. Resta da dimostrare, infine, l'equivalenza fra l'aspetto "umanistico" e quello "irrazionale". Insomma, o io non ne ho capito nulla o sarebbe bello un tuo chiarimento su quanto affermato.

Per Emanuele. Ma se chiediamo ad un bambino che non conosce ancora l'aritmetica, quale pensa possa essere il risultato di 2 + 2, la sua risposta non sarebbe forse da considerarsi una opinione? Ovvero, talora il criterio di certezza assoluta esiste ma noi non sappiamo che esiste o non abbiamo voglia/tempo/capacità di trovarlo. Credo che questo sia il punto.

Secondo te è buona o cattiva?

A suffragio di quanto riporti ti racconto la mia scarsissima esperienza di insegnante. Io mi stavo laureando quando venne istituita la scuola media unica obbligatoria nel lontano 1963. La popolazione scolastica aumentò a dismisura e gli insegnanti scarseggiarono. Alla matematica come materia di studio vennero aggiunte le "osservazioni scientifiche" ma che ben presto divennero "le scienze". Purtroppo non fu solo una diversificazione semantica, ma sostanziale, nel senso che tutti gli insegnanti laureati in materie scientifiche vennero abilitati ad insegnare la nuova materia e questi optarono per la scorciatoia di raccontare come loro avevano imparato le scienze. Vale a dire uno in cattedra che raccontava e la classe che ascoltava annoiata perchè non capiva di cosa si parlasse.

Ma la volontà dei programmatori era quella di far fare osservazioni scientifiche, cioè di introdurre ed educare dei bambini al metodo scientifico e sperimentale. Ecco forse noi paghiamo anche questo malinteso o meglio "inteso per comodità dell'insegnante" l'incapacità dell'opinione pubblica attuale ad accettare ed ad interessarsi alla divulgazione scientifica.

Non per niente la nostra società è carente di laureati in materie scientifiche, appunto perchè, a mio avviso, la scuola non ha educato al ragionare scientifico ed ad apprezzare il rigore matematico.

Il pensiero razionale non è il modo naturale di pensare. Il modo naturale lo potremmo definire magico-simbolico e istintivo. Ragionare costa fatica e fornisce risposte più lentamente, anche se spesso migliori. Secondo me un errore diffuso è il convincimento che tutti debbano avere una opinione su tutto. Farsi una opinione costa fatica e non è possibile dedicare tanto tempo ed energia per tutte le cose, anche se importanti. Basterebbe forse un poco di umiltà nell'essere consapevoli di quali sono gli argomenti di cui non sappiamo molto, e su quelli non andare a destra e manca a diffondere il nostro pensiero. Analogamente dovremmo prendere con maggiore diffidenza informazioni da persone che sono palesemente contrarie alla pratica del metodo scientifico, perché il mondo è bello perché è vario e tutti parlano e scrivono, compreso il sottoscritto, ma non tutti ritengono così importante ricercare quei criteri che ci permettono di distinguere le opinioni dai dati di fatto.

@Alberto, capisco quello che vuoi dire. Ma un'opinione non è come un parere personale che puoi avere a prescindere dagli altri. Un'opinione è tale perché ti permette di confrontarla con altre opinioni.

Per ritornare al tuo esempio, il bambino puo' anche dirmi che 1+1=3, ma deve anche convincermi. Il criterio di certezza assoluta in quel caso non esiste per il bambino, e la sua opinione puo' condurci a una verità tale che 1+1=3. Per esempio il bambino vede che 1 uomo e 1 donna hanno un figlio e diventano 3 persone. Noi capiamo la sua "opinione" solo se discutiamo con lui.

Alberto, noi grandi siamo sempre troppo rigidi. E a me 2+2=4 non mi ha mai convinto perché sono rimasto in parte bambino.

E poi ci sono adulti come Edgar Morin che continuano a dire che

"Il tutto è uguale, inferiore o superiore alla somma delle parti".

Che facciamo, diciamo che la sua opinione è assurda o lo stiamo ad ascoltare ?

Emanuele, non si parla di bambini, che possono tranquillamente credere a Babbo Natale anche se non è scientifico.

Si parla di moltitudini di persone che credono ciecamente ad opinioni balzane solo perché esse fanno parte di dogmi, religiosi o meno che siano.

Non si parla di opinioni ma di baggianate che vanno espressamente contro ciò che già è ampiamente appurato. Ciao.

@Emanuele Sei un pensatore raffinato e dunque rispetto non solo te ma anche la tua opinione. Forse però siamo usciti un po' fuori tema. Ad ogni modo, immagina che il bambino parli con altri bambini e li convinca che 1 +1 = 3 perché la storia di 2 adulti che fanno un bambino è molto più affascinante di una noiosa convenzione matematica per cui 1 + 1 = 2. Tu parti dal presupposto che se uno dica una cosa inesatta, gli altri abbiano i mezzi per accorgersene, ma purtroppo non è così ed è proprio per questo che circolano storie molto verosimili e affascinanti ma che tuttavia non sono vere, ed è proprio contro questa "seduzione del male" che si combatte, credo, in questo blog. Credere in Babbo Natale è divertente e verosimile per un bambino, ma se qualcuno proponesse un referendum per allargare tutti i camini del mondo per facilitarne il lavoro, allora credo che una opinione critica ed informata sulla materia ci aiuterebbe nel voto. Certo che è interessante ascoltare tutti ma credo che per progredire in un sapere condivisibile servono certezze. Grazie per avermi citato Edgar Morin, andrò ad approfondire.

Emanuele: mi riferisco alle opinioni basate su un assunto falso, come 2+2=5

Vuoi un esempio reale? "Siccome gli ogm sono sterili allora..." Qualsiasi cosa venga dopo i puntini è una opinione senza valore e da non rispettare, perchè basata su un assunto falso

Si Alberto, io sono contro le false scienze, contro le superstizioni, mi sembra incredibile che esistano le religioni, quella che tu definisci "la seduzione del male" esiste eccome.

Il fatto è che il risvolto della medaglia è quella di un mondo "fatto di esperti e non di pensatori". Il pensiero puro che tanto Dario ha voluto ridicolizzare in un post precedente è forse più importante del pensiero scientifico, proprio perché pone le radici sulle domande eterne che mai avranno una risposta definitiva. Ed è in questo che l'Opinione deve trarre linfa vitale. Nessuna Opinione vale meno di un'altra, cerchiamo allora di usare un linguaggio appropriato e diciamo semplicemente che

- gli stereotipi sono da condannare (ma non è banale dire questo ?) - le frasi fatte sono facili e non comunicano nulla (anche questo è banale) - il conformismo umilia l'intelligenza umana (beh, nulla di ché).

Poiché dire queste cose è troppo scontato Dario se la prende con le Opinioni, che sono forse l'unica cosa da salvare, in un mondo cosi' omologato in cui la riflessione diventa cosa rara.

Insomma, quello che voglio dire è che Dario fa bene a smontare i luoghi comuni, ma non ha nessuna cultura filosofica e non ammette l'opinione come espressione di una sana ricerca esistenziale. Del resto è già scivolato sulla "filosofia" ridicolizzandola in malo modo, per cui il tutto non mi stupisce affatto.

Bea: certamente, mi rivolgo a pochissimi, l'ho detto nel pezzo (ma magari la discussione interessa di più ) concordo con quanto hai detto. È però vero che se la professionalità non viene riconosciuta e se il pubblico confonde comunicatore, giornalista e divulgatore, magari la colpa è anche dei giornalisti stessi e come approcciano il pubblico. Non è che serve anche un PUJ: un Public Understanding of Journalism?

Daniela: la divulgazione deve trasmetterti la passione per un tema, te lo deve "vendere" e non ci trovo assolutamente nulla di male, anzi. Martin Gardner è stato il più grande divulgatore di matematica, dalle pagine di Scientific American, e ha saputo far appassionare milioni di ragazzi alla matematica. La materia la devi conoscere a fondo, Io non potrei mai scrivere di geologia perché anche se mi piacesse (è una materia che odio profondamente dal liceo :p ) non ho il tempo necessario che servirebbe per entrare adeguatamente nella materia. servono ANNI. È per questo che dico che la divulgazione la fanno solitamente gli scienziati e non i giornalisti' e in campi ben ristretti, e non vi dovete sentire usurpati: son ruoli diversi. E se "quelli famosi" approfittano della situazione fate bene a fustigarli perché non si può essere divulgatori tuttologi. Però non ti far venire l'acidità di stomaco, dai Ma anche per te vale la piccola provocazione per Bea: quando fate (come categoria) questi discorsi noto molta frustrazione, simile a quella che noto negli scienziati che non riescono a far arrivare il loro messaggio. Non è che avete, paradossalmente,un problema analogo? Non farete come gli scienziati nel dire che "è tutta colpa del pubblico!" ?

"Siccome gli ogm sono sterili allora io non li mangio"

Questa non è un'opinione, questo è un parere che parte da un presupposto falso.

"Modificare un gene puo' essere interessante per ottenere una pianta di una certa utilità, ma la cosa non è affatto priva di rischi, anche non apparenti, e io non sono dunque favorevole agli OGM, e invece finanzierei ricerche su energie rinnovabili che mi sembrano molto più importanti"

"L'energia nucleare per quanto sia idealmente interessante, non sarà mai sicura al 100% io dunque non vorrei mai permettere che il pianete corra rischi con danni irreversibili e sono dunque contro questo tipo di energia".

Nessuna di queste due opinioni è vera o falsa. Sono due opinioni, e come tali interessanti per chi ama il dialogo e il confronto.

Emanuele: è previsto anche un post sulla percezione dei rischi diversa tra scienziati e pubblico. Ci arriveremo. Continuo a non pensarla come te sulle opinioni ma va bene, ne abbiamo giá parlato e non aggiungerei nulla di nuovo

@emanuele, parere e opinione sono sinonimi, non prendiamoci in giro, Dario ha detto:

Non è ammesso accettare le opinioni di chi pensa che 2+2=5. Le opinioni non sono tutte uguali

Il significato mi sembra ovvio, evidente: non è ammesso accettare le opinioni che si basano su ipotesi false, queste opinioni (le opinioni basate sui fatti falsi) non sono uguali alle opinioni basare su fatti veri o dubbi.

Io trovo che sia un gioco inutile ed un po' sporco, spostare il tema della discussione su una questione lessicale sul significato di opinione o su quello che tu vuoi capire di ciò che ha scritto Dario, visto che il tema della discussione è ben più elevato ed interessante.

Riguardo al tema della discussione, io trovo che il divulgatore debba necessariamente offrire il proprio punto di vista ed argomentarlo, perché altrimenti non starebbe divulgando ciò che sa, ciò che studia. Nessuno se la prende con Hawking perché divulga sulla nascita e costituzione dei buchi neri, anche se "nel mondo scientifico" non vi è alcuna unanimità sulla questione, mentre tutti se la prendono con chi divulga su medicina/biochimica ecc, anche se "nel mondo scientifico" c'è la quasi totale unanimità.

Per fare un esempio, chi studia gli ogm per professione da decine d'anni, conosce molto bene i rischi annessi ed è in grado di formarsi un opinione estremamente informata sulla loro pericolosità, ed è in grado di valutare le obiezioni del pubblico generalista, che senso ha a quel punto scrivere un libro in cui si presentano i vantaggi e i rischi di tale tecnologia, ma non li si quantifica? E se li si quantifica, non si arriva alla fine a dire che sono estremamente sicuri? O comunque non meno sicuri di una qualsiasi altra coltura ottenuta per metodi classici?

Ho letto tutto con interesse... segnalo un breve post sul mio blogghino dove riportavo alcuni pensieri di Roald Hoffmann, premio Nobel per la Chimica nel 1981: http://blog.libero.it/mmcapponi/8675587.html

Mi piace come lui attribuisca allo scienziato il ruolo di "preparare il cittadino a prendere decisioni" e sottolinei come "l'ignoranza... costituisca una barriera al processo democratico". Per concludere: "la responsabilità di prendere decisioni non compete agli esperti, bensì ai cittadini e ai loro rappresentanti".

A riguardo degli argomenti di cui trattare, ricordiamo l'explicit del "Tractatus" di Wittgenstein: "Su ciò di cui non si è in grado di parlare è meglio tacere". In questo senso, Margherita Hack mi affascina quando parla del cosmo e delle stelle ma mi deprime se si mette a discutere di bioetica; idem Odifreddi, incantevole quando spiega e scrive di matematiche ma volgare e grossolano quando tratta altri temi. Si può essere non credenti e anticlericali anche con eleganza. Onestamente anche qualche "scienziato" che si professa "credente" e scomoda troppo facilmente "Deus ex-machina" indicando la ricerca scientifica come privilegiato "itinerarium mentis in Deum" (per parafrasare Bonaventura da Bagnoregio) mi lascia perplesso.

Sul dibattito tra il ruolo del giornalista, quello del divulgatore e dello scienziato: occorre in ogni caso "competenza", in merito ai contenuti e ai metodi. Il giornalista "informa", il divulgatore "illustra", lo scienziato "forma" e molto spesso "annuncia nuove scoperte". In questo caso è bene che siano gli scienziati a parlare e a scrivere, senza accontentarsi dei 30 secondi concessi al telegiornale della notte o del trafiletto in taglio basso tra l'ultimo episodio di cronaca nera e gli intrecci amorosi di questa fotomodella con quel calciatore.

"La materia la devi conoscere a fondo, Io non potrei mai scrivere di geologia perché anche se mi piacesse (è una materia che odio profondamente dal liceo :p ) non ho il tempo necessario che servirebbe per entrare adeguatamente nella materia. servono ANNI. È per questo che dico che la divulgazione la fanno solitamente gli scienziati e non i giornalisti’ e in campi ben ristretti, e non vi dovete sentire usurpati: son ruoli diversi. " Maledizione, su questa cosa NON è possibile discutere.

parere e opinione sono uguali solo per te. Vallo a dire ad un tribunale che ha bisogno di un parere se possa bastargli un'opinione.

Parlare in un italiano corretto è "un gioco inutile e un po' sporco" secondo te ?

Emanuele Per favore vuoi definire parere e opinione?

@Dario: ho pensato molto alle ragioni per cui il tuo post mi ha fatto tanto arrabbiare e sì, credo che ci sia della frustrazione. C'è frustrazione perché la mia casella di posta è piena di curricula di post-doc ai quali scade il grant che mi scrivono "ho fatto ricerca, amo la scienza, ho scritto 100 paper, ho fatto la notte dei ricercatori, al liceo ero bravissimo nei temi quindi penso che la mia figura possa essere preziosa per la sua società". Segue elenco delle ragioni per cui sono da preferire a uno qualsiasi dei ragazzi a cui insegno al master di giornalismo, per non parlare dei tanto vituperati giornalisti e divulgatori già attivi. Che diamine, loro conoscono la Scienza! Che si debba anche conoscere il Metodo Giornalistico, i Media, il ruolo di Indipendenza e Terzietà (tutti con la maiuscola che loro stessi mettono alla parola Scienza) non li sfiora nemmeno.Così come non si accorgono che stanno mandando un curriculum PER CAMBIARE LAVORO, come ben sa Bea. È legittimo, ma bisogna esserne consapevoli e non offendersi (come regolarmente accade) quando alla prima prova rimando indietro il testo dicendo che no, non va bene, perché è scritto ex cathedra, con la regola delle "sorti magnifiche e progressive". E comunque, in generale, trovo che in questo paese la gente passi da un ecesso all'altro. O la scienza è la panacea di tutti i mali, un luogo puro non sfiorato dalle brutture dell'umano (e tra i lettori di Le Scienze ce ne sono diversi così , oppure è un inferno governato da complotti il cui unico scopo è favorire l'arricchimento di pochi alle spalle dei poveracci. Questo, secondo me, è anche da attribuire, almeno in parte, a tanta divulgazione top-down o educativa (tranquilli, la cura del cancro è qui dietro l'angolo!) in assenza di una vera classe di giornalisti scientifici in grado di far vedere la scienza come qualsiasi altra attività umana con i fatti, ovviamente, ma anche le discussioni, i conflitti, il giro di interessi dietro alle cose, gli errori metodologici eccetera eccetera.

Daniela, ti ringrazio ancora per essere venuta qui a commentare anche se io mi rivolgo esplicitamente a quei giovani scienziati che vogliono continuare a fare gli scienziati ma dedicando un po' di tempo a divulgare nel modo più efficace possibile. Non avrei mai immaginato di farti arrabbiare. La piccola provocazione di prima però rimane: come ben sai dal pubblico voi siete percepiti come "giornalisti", non come "giornalisti scientifici", e quindi vi portate addosso tutto quello che di male il pubblico (e gli scienziati) pensa dei giornalisti generalisti. C'è oggettivamente un problema di percezione del giornalista e del suo ruolo.

Il parere è la dichiarazione di un convincimento che un individuo manifesta in virtu' di particolari conoscenze su richiesta di un altro individuo.

L'opinione esprime ciò che si pensa di qualcosa o qualcuno pur senza la certezza di essere nel giusto.

Dario per me è un ottimo comunicatore, ma non troppo divulgatore. Sarebbe divulgatore se ci venisse a raccontare i misteri della meccanica quantistica, perché solo in quell'ambito Dario è realmente uno scienziato.

te la prendi con i giornalisti così come fai con i filosofi e gli psicologi. Prendersela dunque con le categorie ? mmm.... quando qualcuno se la prende con gli OGM tu non hai sempre detto "quali OGM?, non sono mica tutti uguali". Quando serve eviti le generalizzazioni, ma non certo quando per esempio sai che tutti pensano male della chimica, sinonimo di inquinamento e quant'altro. Tu accusi gli altri di generalizzare per ignoranza, allora cerca di capire chi è un giornalista prima di sputtanare la categoria.

Comunicare è un'arte, più che una scienza, e l'arte non la si insegna, ma la si può solo coltivare e migliorare con l'esperienza. Non credo possano esistere corsi che insegnino a scrivere bene e ad avere la giusta sensibilità. Un tempo si parlava di "dono": o ce l'hai o non ce l'hai. La conoscenza degli argomenti prevede d'altro canto invece anni di studio. Poiché per comunicare con efficacia un argomento servono entrambe le cose, ritengo che, statisticamente, sia più probabile che uno scienziato abbia il dono della comunicazione, piuttosto che un giornalista con esperienze umanistiche abbia l'opportunità di crearsi un poderoso bagaglio scientifico. Poi ci sono le eccezioni, ma quelle ci sono sempre. Il problema per cui la scienza è caduta così in basso presso l'opinione pubblica è che si sono spacciate scienze su base statistica, come la medicina o le previsioni del tempo, al pari della fisica classica: la gente crede i risultati preliminari sull'uso di un nuovo farmaco o le ipotesi sul maltempo del fine settimana abbiano la stessa validità delle leggi sul moto del pendolo. Un altro problema è che in questa ansia di comunicazione, si comunica tutto, troppo, troppo presto e in modo troppo semplicistico. Così ti capita di leggere una cosa, farti una idea (magari pure sbagliata) e poi il giorno dopo leggere la sua smentita, così che tutto prende il sapore dell'opinabile e del qualunquismo. Se la "scienza ufficiale" ha sbagliato nel dire che il nucleare non era pericoloso, perché credere che ora dice il giusto quando parla di OGM? Se su un giornale leggo che la dieta del fantino è portentosa, perché su un altro mi si dice che non posso farla senza consultare un medico? Personalmente credo che solo avendo ricevuto un po' di informazione top-down si sia in grado di orientarsi più o meno in questo mare di informazioni contraddittorie. Infine vorrei porre l'attenzione su un ulteriore problema. Le questioni scientifiche interessano fondamentalmente solo due tipi di persone: quelli che appoggiano le prese di posizioni ufficiali, e i complottisti che le negano. Il resto delle persone, la maggioranza, essenzialmente se ne frega e quando si trova a dover farsi una opinione per forza, semplicemente sceglie la idea più verosimile, o quelle che gli è stata esposta con maggiore convincimento.

@Bea Ammiro il tuo commento lapidario. Ne resto colpito ma fatico a comprendere ciò a cui alludi. D'altra parte se fosse così facile comprenderlo per me, non avrei scritto ciò che ho scritto in questo mio giorno da grafomane.

Alberto, non si tratta di "scrivere bene" ma di imparare le tecniche per far giungere il tuo messaggio. E se gli scienziati fossero stati così bravi a divulgare non ci sarebbe mai stato tutto il movimento che descrivo sopra. In più, guarda che molti giornalisti e comunicatori scientifici che conosco hanno una laurea o un dottorato in materie scientifiche, dalle neuroscienze alla fisica alle biotecnologie. E poi, come spiegava Daniela, hanno cambiato mestiere. Quelle cose che io ho "scoperto" da solo da autodidatta, in ritardo, perché mi ci sono scontrato parlando al pubblico le insegnano e le studiano, e se uno vuole diventare giornalista scientifico le DEVE studiare.

Forse ho fatto una osservazione superficiale. Chiedo scusa. Probabilmente non sono convinto del tutto che il metodo top-down sia così fallimentare. Per me non lo è, ma ovviamente non sono l'unico abitante della terra ed evidentemente neanche un esemplare così rappresentativo. Complimenti comunque per il blog: lo ritengo uno degli esempi migliori di divulgazione.

Alberto: fai una prova. Data la tua preparazione immagino tu sappia ben spiegare a qualche seguace dell'omeopatia che nell'acqua alla fine non c'è neanche una molecola di quelle di partenza. Per te è sicuramente una cosa che, da sola, smonta qualsiasi discorso sull'omeopatia. Ecco, ora prova a spiegarla a chi ci crede e vedi se riesci a convincerla solo a parlare del numero di avogadro

Io non ho mica ancora capito la posizione di Daniela Ovadia. La sua mi pare una frustrazione, non certo una soluzione.

Dario: ci ho provato la settimana scorsa in una classe di studenti di un istituto tecnico a parlare di omeopatia. Non conoscevano neanche la parola "omeopatia". Ho cercato di non scoraggiarmi, non ho nominato il numero di Avogadro, ho raccontato la storia di quel contadino cinese che chiese all'imperatore di avere tanto riso quanto corrispondeva a 1 chicco sulla prima casella di una scacchiera, 2 chicchi sulla seconda, 4 chicchi sulla terza e così via fino a completare la scacchiera per poi dire che facendo il calcolo non sarebbe bastato tutto il riso della Cina, e questo per far capire come la mente ci inganni nel non riuscire a prevedere quanto velocemente aumenta la potenza del 2, ovvero quanto velocemente procede una diluizione come quella omeopatica. Ho parlato di storia, ho parlato di effetto placebo, ho cercato di coinvolgerli, di essere brillante e simpatico. Alla fine mi sono arreso all'evidenza che non gliene fregava assolutamente nulla. In pieno sconforto ho pensato che non vi sia modo di spiegare le cose a chi non è interessato. Per chi è interessato ad un approccio scientifico, passare attraverso il numero di Avogadro è fondamentale (il che non significa farlo in modo noioso e incomprensibile), e questo a me pare un approccio vicino al top-down. Per chi non ha un approccio scientifico, magari lo convinco in qualche modo ma chi mi dice che poi non ci sia un oratore migliore di me che gli faccia ancora cambiare idea? Sapere in modo preciso non è forse il miglior vaccino contro le opinioni false? Per sapere in modo preciso, non occorre forse studiare? Studiare non è forse un metodo top-down? Seguo con interesse il tuo blog perché imparo delle cose. Imparo delle cose perché scrivi in modo chiaro e divertente cose di cui sono interessato. Ti leggo insomma con una mentalità top-down. Non voglio ricadere in considerazioni semplicistiche. Voglio solo dire che se uno è veramente interessato a qualcosa, il metodo migliore è applicarcisi con impegno, la qualcosa può costare anche fatica.

Non vedo perché spiegare il concetto di "omeopatia" a chi non sa di cosa si tratta. Siamo nel campo del demenziale. Vorremmo capirci qualcosa.

@bacillus Nella vita, tutti prima o poi si trovano ad affrontare l'argomento omeopatia. Il fatto che non la conoscessero poteva essere un buon motivo per fornire qualche informazione preliminare. La scuola serve a insegnare cose che non si sanno. Quando ai ragazzi si parla dei campi di concentramento nazisti, si spera che un giorno sia più difficile per loro diventare negazionisti.

Esimio dott. Bressanini, la seguo da un po', son giovine e mi trovo spesso a parlare con persone un po' più vecchiotte di me di ogm, biologico, cose che fanno bene, cose che fanno male, etc... Perciò trovo le sue tesi molto interessanti da ogni punto di vista (in particolare per l'approccio scientifico). Però mi son ritrovato spesso a non saper rispondere in merito ai coloranti, quelli riportati nelle etichette degli alimenti come E171, E102. Si tratta di coloranti artificiali (cioè che la gente definirebbe poco naturali e poco salutari), oppure di coloranti come gli indicatori di cui ha parlato recentemente nei suoi post? Grazie

Alberto, per curiosità, che ci facevi a scuola? Che iniziativa era? Qual era l'obiettivo della conferenza? Te l'hanno chiesta i prof o ti dei proposto? Quanti anno avevano i ragazzi?

Andrea: se cerchi ho scritto vari articoli sui coloranti. A volte sono di sintesi, altre volte estratti vegetali o addirittura animali (la cocciniglia). Dipende

Tra i bravi divulgatori, mi permetto di aggiungerne due che ho avuto l'onore di vedere in azione: Reuven Anati e Michel Verdaguer! Non così famosi, ma che ho ammirato grandemente!

Sulla discussione divulgatore vs giornalista credo ci sia un aspetto molto importante che forse non è stato sollevato.

Il divulgatore è in fondo un volgarizzatore di nozioni non immediatamente accessibili al grande pubblico e che devono essere sintetizzate per essere infine capite.

Rispetto al giornalista invece non si puo' non considerale una dimensione temporale. Una notizia è un evento che deve essere portato a conoscenza del grande pubblico.

Un divulgatore spiega per esempio perché la carota è arancione, cos'è la fascio di ozono, spiega la differenza fra animale a sangue caldo e sangue freddo... In questo senso Dario è spesso divulgatore.

Un giornalista invece prima di tutto deve informare e dare la notizia, per esempio che in giappone hanno costruito una nuova centrale nucleare con una nuova tecnologia. Il giornalista deve più o meno capire di cosa si tratta (ma non troppo, non necessariamente). Deve invece dare al lettore tutte le informazioni necessarie affinché il lettore, se interessato, possa approfondire lui stesso l'argomento. In questo senso un giornalista è più implicato di un divulgatore, perché intanto fra le tante notizie ha scelto proprio quella. Ci deve essere un motivo, forse quel tema gli sta a cuore per un motivo o per un altro.

Ecco, riflettendoci trovo che Dario sia più giornalista che divulgatore, infatti la maggior parte dei post di successo sono quelli che portano a una discussione anche accesa, cosa che avviene poco quando come divulgatore ci parla delle antocianine o del colore arancione della carota.

Mi piacerebbe sapere cosa ne pensa Daniela Ovadia a tal proposito. Forse mi risponderà che Dario non puo' essere un giornalista perché non ha fatto gli studi necessari. O forse mi darà del giornalista un'accezione che magari io non avevo ancora capito.

Che non sia sufficiente far arrivare le conoscenze per educare la gente è piuttosto chiaro. D'altronde una matricola di biologia appena uscita dal liceo non ha molte conoscenze in più di un suo ex compagno di classe iscritto in lettere. Però sono convinto che se si facesse uno studio sull'opinione riguardo gli OGM tra le matricole di lettere e di biologia salterebbero fuori differenze notevoli. È più che altro una questione di forma mentis secondo me. Bisognerebbe educare le persone a fidarsi della comunità scientifica e a non accettare pareri non qualificati...

Emanuele, non credo di poter essere considerato un giornalista, e neanche un comunicatore. Io mi ritengo un divulgatore, uno "scienziato che scrive". D'altra parte esiste l'ordine dei giornalisti e la laurea in comunicazione, ma non c'è una categoria 'legale' per la divulgazione e quindi io senza titoli mi ci riconosco di più. Ma la risposta di Daniela sono sicuro sará, da professionista, articolata

Ciao, io penso che le attività di Dario (e mie, io ci provo ma non sono il Bressanini...) e quelle di Daniela/Bea siano distinte ma entrambe necessarie.

Del mio ci ho ragionato parecchio su quando ho deciso di inserire l'attività di divulgazione nel mio CV. Il termine divulgatore non mi piaceva, disseminatore (giuro che questa parola è usata in alcuni dipartimenti universitari, una via di mezzo tra la divulgazione e il proselitismo) la odio, formatore è troppo. Alla fine ho deciso di classificare la mia attività come "animazione scientifica", sia perché la parte sperimentale-giocosa nelle spiegazioni è un ottimo approccio (con i piccoli ma anche con adulti), sia per l'entusiasmo che alle volte si vede sui volti delle persone che partecipano alle iniziative. C'è sempre la speranza che in almeno alcune di queste persone sia (ri)nato il desiderio di capire "scientificamente" argomenti quotidiani a cui viene data la massima risonanza "emotiva" (OGM, nucleare, bosone di Higgs, clonazione, etc): spiegazioni di cui c'è sempre una grande desiderio, penso sia capitato a molti "scienziati" di essere sommersi di domande mentre si pasteggia.

Su larga scala tali informazioni solo persone realmente preparate e con la padronanza del mezzo giornalistico possono fornire nel migliore dei modi. Solo che la spiegazione scientifica dei fatti è un tipo di giornalismo che su pubblicazioni a grande diffusione difficilmente si legge o sui siti dei quotidiani finisce in un boxino sopra o sotto quello dei sideboob. Ci sono sempre le riviste come le Scienze ma ho l'impressione che si rivolgano a un tipo di lettore culturalmente diverso e già abbastanza preparato: l'ultima volta che l'ho chiesta al giornalaio mi ha detto: "non ricordo mai se è nello scaffale sopra o quello sotto i giornali porno" .

Dario, non sono abbastanza giovane da provare entusiasmo per le ‘’cazzate’’ sparate sul web in modo da rendere quasi impossibile distinguere il vero dal falso. Il tuo è un appello accorato, sincero e intelligente a farci un po’ più furbi….ma non sempre ci sono i presupposti scolastici, universitari, o almeno culturali, per distinguere quelle ‘’cazzate’’ dalle cose più serie. Internet sta diventando un pericoloso strumento per diffondere tutte le bugie del mondo. Alla scienza vera, viene mescolata aria fritta e NOI leggiamo e spesso, per atavica credulità nelle ‘’verità’’ propalate dalla carta stampata, ci caschiamo dentro. Davvero ammiro il tuo sforzo..…ma temo che il cretino vincerà ancora: nella scienza diffusa in internet, nella politica, nella scuola ormai ridotta a brandelli. Tuttavia quello che proponi è bello. Poche persone hanno la tua capacità di esprimere con semplicità e chiarezza questi temi. Il mio timore è che comincerà, come spesso accade, un balletto di estrinsecazioni adoranti (nei tuoi confronti), o sceme, che non porteranno a nulla di serio. Con la stima di sempre

Buongiorno, ho letto con interesse l'articolo e gli interventi e ho notato che manca un utile interlocutore: l'utente non scientifico, disposto ad ascoltare lo scienziato ma che lo teme e quindi a priori non gli crede. Parafrasi forse troppo lunga. Poniamo, per il gusto di fare l'avvocato del diavolo, che io sia una ricercatrice spirituale di ispirazione naturista che fa un paio di rilievi. Simulo un interlocutore in buona fede quindi spero di schivare la lapidazione

Qui si parla di "fatti" prendendoli come irrinunciabile punto di partenza ma per me (per il mio personaggio) questo punto non è affatto fermo. Premesso che arrivo a mala pena ad aprire uno dei link che spesso Dario espone ad inizio articolo, chi dice che questi fatti hanno più valore dell'esempio di mia zia, mia madre, il cugino di..? E anche se nei link ci sono grossi numeri e io ho solo due esempi, capita che ci siano imbrogli, si sente parlare di ricerche pilotate o pagate da... a volte vengono smentite ma delle smentite non si sente mai niente... E come la mettiamo con tutti i casi in cui qualcosa non quadra e che vengono nascosti? (vedi la nicotina in passato). Posso anche aver fiducia che la scienza è un sistema che si corregge col tempo... ma allora perché intanto sbandierate certezze?

Altro punto: la scienza può garantire solo per quello che può misurare oggi. Mi riferisco ad esempio a quando si dice che gli elementi di sintesi sono uguali a quelli originari, o che il prodotto omeopatico è acqua fresca. Nulla esclude che un domani si scoprano altri sistemi di misurazione e altri elementi (in senso generico) importanti e che la situazione sia completamente diversa. Quindi perché trattarmi (sempre il personaggio) da credulona ignorante o peggio?

Penso che questi siano alcuni dei primi nodi da trattare per riavvicinare la scienza e i clienti del bar. E concordo con l'articolo da cui siamo partiti: non basta l'approccio Top-Down, serve rassicurare prima ancora di poter spiegare e forse convincere... il problema è sempre: come?

Savina, hai perfettamente ragione, e infatti queste argomentazioni sono da prendere sul serio se si vuole raggiungere il pubblico che pensa così. Se leggi il post sull'omeopatia queste cose sono saltate fuori, con persone "vere". Come si faccia a raggiungerle non lo so, ma cerchiamo almeno di evitare quegli atteggiamenti che *sicuramente* non funzionano con queste persone, come appunto parlare del numero di avogadro o simulare un suicidio omeopatico diluendo del veleno.

Non posso ribadire molto visto che sono rimandata ad un post con più di 1000 commenti, che non riuscirò a leggere questo weekend ma finirò nei prossimi giorni - i primi dieci tra l'altro sono deprimenti da entrambi i lati del contendere. Spero di trovare una risposta pacata e non "dall'alto verso il basso" alle mie domande (nel senso italiano, non inglese della definizione).

Solo una precisazione perché mi rendo conto di aver forzato troppo l'aspetto ipotetico nel post precedente. I rilievi di cui sopra li posso muovere benissimo io anche se ho una mentalità più razionale del mio personaggio. Do spesso un'occhiata agli studi proposti come punto di partenza in questi e in altri articoli ma purtroppo non ho una formazione scientifica e ho imparato solo a cercare velocemente il numero dei casi studiati e/o la durata per escludere chi ne dichiara troppo pochi o tace. Dall'altra parte la mia master reiki mi ha allontanato per "energia negativa" quando ho tentato di sostenere l'utilità dei vaccini o la poca rilevanza delle scie chimiche...

@Bea A scuola ero il professore, anche se supplente. I ragazzi erano della prima superiore e a fine anno scolastico ho pensato di provare a proporre una lezione atipica. Il risultato, come detto, è stato deprimente, ma d'altronde non ero riuscito a trovare nulla che potesse interessarli neanche prima. Lo stesso argomento affrontato ad ingegneria, anche in quel caso come insegnante, ha sortito risultati decisamente migliori. Ho proposto un esercizio di stechiometrica in cui chiedevo di calcolare le moli di una certa sostanza omeopatica dopo un certo numero di diluizioni, ho riproposto la storia del contadino cinese, ho parlato del processo a Piero Angela ed alla fine almeno l'attenzione l'ho ottenuta. Credo anche qualcosa in più. Nel mio testo di esercizi di chimica ho lasciato quell'esercizio senza nessun particolare commento. Spero che il fatto di risolverlo faccia nascere delle domande negli studenti.

Per entrare nel merito del thread, ma senza approfondire l'argomento riguardo alle differenze fra divulgazione e giornalismo, mi ritrovo a evidenziare, ancora una volta, come in questo paese ci si affidi ad una spicciola improvvisazione anche per comunicare una notizia elementare: http://www.repubblica.it/cronaca/2013/06/23/foto/la_notte_della_super-luna-61676885/1/#1

Non si tratta di "illusione ottica" (come si esplicita nel commento) in quanto la luna è REALMENTE più vicina a noi.

il mio intervento non aggiunge molto, linko solo una specie di riassunto animato dell'impossibilità comunicativa sul tema in questione realizzato dall'ottimo Tim Minchin http://youtu.be/HhGuXCuDb1U (old but gold)

(ah può essere lievemente NSFW per il linguaggio)

Ho letto tutti i post in ritardo ma interessanti. Non sono uno scienzato ma un ingegnere libero professionista e spesso sono chiamato a replicare e scrivere relazioni "tecniche". Sfortunamente sono obbligato a scrivere usando parole e termini tecnici a meno di scrivere poesie, "un interruttore è un dispositivo elettromeccanico in grado di interrompere la corrente" e spesso l'obiezione che mi viene mossa o l'accusa che è troppo tecnica ed il funzionario pubblico amministrativo non è in grado di capirla. Il mio interlocutore, a volte, è a scelta un architetto, un geometra oppure un ingegnere ignorante, poi se un ragioniere o impiegato qualunque alzo bandiera bianca e gli chiedo cortesemente come gliela devo scrivere. Credo che sia una piccola analogia per la stessa situazione in cui si trovano gli scienziati. Concludo: la scienza è scienza, ha le sue definizioni, che possono essere limate addolcite ma non oltre un certo limite, altrimenti si rischia di far capire altro. Capisco il problema, per me filosofico, tra divulgazione "sono state rivelate nel tè verde proprietà antiossidanti" e comunicazione ( giornalismo o marketing) "bevi te verde e ringiovanisci: ecco la nuova dieta del te verde ..." . Quando ne parlo con alcune colleghe adulte ... mi da più soddifazione mia figlia di 8 anni con un cervello attivo ed aperto, critica e sempre pronta a replicare e ad avere chiarimenti. Quindi divulgare comunicare ben vengano quei coraggiosi che ci provano ma se dall'altra parte c'è un muro di gomma ....

@Fra Ecco lo avevo notato anch'io. E non sono un astronomo! è in perigeo, se non ricordo male la definzione astronomica

un saluto domenicale a tutti

Dunque, Dario mi ha distolto dal lavoro perché dessi qualche informazione in più su scienziati che scrivono e giornalisti. Premetto che la faccenda è complessa e che ci ragionano su persone ben più preparate di me da anni. il fatto che in un paese come l'Italia non ci sia una considerazione sociale (e direi nemmeno commerciale) del giornalismo scientifico non ne annulla la necessità. Non è nemmeno vero che un giornalista scientifico segue solo la notizia di attualità, anzi: spesso si trova a fare l'equivalente di ciò che in termini scientifici sarebbe un review su un certo argomento, solo che lo fa per il grande pubblico. Per farlo "da giornalista" e non da scienziato, però, deve partire dalla ricerca di tutte le fonti possibili, metterle in gerarchia (è ovvio che la fonte scientifica "vale" di più dell'opinione della gente, ma se l'opinione della gente determina, per esempio, la legislazione del Paese, non posso non tenerne conto, mettendo eventualmente in luce le incongruenze tra questa e le fonti, ma non ignorandola). Inoltre nessuno viene legato alla sedia per leggere il giornale, quindi se voglio che qualcuno legga il mio articolo di scienza invece di quello sulla moto di George Clooney, o mi ascolti in radio, devo essere interessante e anche concedere una certa quota all'intrattenimento, specie in radio e TV. L'altro punto importante riguarda lo sguardo critico: da molti anni nei paesi anglosassoni si dice che il giornalista deve essere il watchdog (cane da guardia) della scienza e non il suo cheerleader. Per quanto si ami la scienza e la si ritenga necessaria, l'attuale meccanismo di produzione scientifica è in piena "bolla inflazionistica" e genera spesso "prove" assai dubbie o inquinate da interessi di parte, più o meno legittimi. Ruolo del giornalista è di conoscere anche i retroscena della produzione scientifica e renderli espliciti quando serve. Un esempio per tutti è quello della famosa indagine sulla relazione tra vaccini e autismo, in cui un giornalista (nemmeno strettamente scientifico) ha scoperto la frode e l'errore metodologico dietro il mega studio che invece uno scienziato aveva prodotto a sostegno della relazione. Un altro esempio è il sito Retraction Watch di cui ho parlato prima. Un terzo, molto interessante, è quello della vicenda di Seralini e gli OGM, che dimostra tra l'altro quanto perversa può essere la combinazione tra scienziato in malafede e giornalista-megafono, che riceve e pubblica senza indagare.

Il divulgatore ha un altro ruolo (e per come funziona oggi il mercato del lavoro, noi giornalisti con formazione scientifica diventiamo spesso anche divulgatori, e una delle difficoltà che incontriamo sta proprio nel mantenere il giusto approccio in ciascuno dei ruoli). In pratica insegna, educa, modera, semplifica: PIero Angela è un divulgatore, non un giornalista, secondo queste categorie peraltro, come ho detto, difficilmente applicabili con l'accetta alla realtà italiana. Dario è un divulgatore quando parla di cibo. Quando invece parla di meccanica quantistica è uno scienziato che spiega il proprio lavoro. I due ruoli sono veramente distinti e (checché ne dica il padrone di casa ) Dario Bressanini fa due lavori: lo scienziato E il divulgatore. Dal divulgatore ci si aspetta che, indipendentemente dalla sua origine - giornalista o scienziato - svolga accurate ricerche prima di divulgare qualsivoglia cosa e che, come fa sempre Dario nel suo blog, si appoggi ai lavori di scienziati che si occupano di ricerca nel campo di cui sta parlando.

Infine lo scienziato che vuole spiegare il proprio lavoro fa bene a farlo, ma il più delle volte si appoggia o collabora con un giornalista o un divulgatore, perché per fare un buon lavoro da solo dovrebbe dedicarvi troppo tempo, e quindi entrerebbe automaticamente a far parte della categoria dei divulgatori professionisti. Insegnare ai giovani scienziati come funziona il mondo dei media e della produzione culturale intorno alla scienza è ESSENZIALE per il buon funzionamento di tutto il meccanismo, perché sono loro la nostra fonte, per quel che riguarda un preciso argomento. Quel che NON FUNZIONA (non perché lo dico io ma lo hanno ampiamente dimostrato decenni di PUS e PEST e altri progetti analoghi) è bypassare il professionista della comunicazione per andare direttamente dallo scienziato puro al pubblico. Il risultato che si ottiene è: * il pubblico non capisce e pensa che la scienza sia troppo difficile (vedi campagne referendarie su embrioni e staminali in Italia) * il pubblico capisce ma solo la versione "magnificante" della scienza e si convince che qualsiasi cosa esca esca dalla bocca di uno scienziato sia vera per definizione (vedi chi è convinto che il cancro si curerà in pochi anni o anche il caso Stamina, che è il frutto di anni di articoli ed editoriali in cui eminenti scienziati hanno detto che con le staminali si può fare questo e altro, e quindi perché non provarci?) * il pubblico capisce ma poiché sente che non gli si racconta tutta la storia con i suoi chiaroscuri, diventa complottista (è un po' quel che accade in Italia su certi argomenti).

Vabbé, son stata fin troppo lunga.

Credo che l'alternarsi della luna all' epigeo ed al perigeo si chiami ciclo anomalistico (ve ne sono altri tre: sinodico, draconitico e siderale), ma tu sicuramente non sai che se non segui alla lettera tutti questi cicli in agricoltura biodinamica non poi operare. Quindi se è difficile fare l'agricoltore, farlo biodinamicamente è ancora più difficile e faticoso.... anzi da ingenui.

Corpo di mille balene, se il Guidorzi non esistesse bisognerebbe inventarlo. Ammiro sinceramente la vastità della sua cultura, la chiarezza delle sue esposizioni, lo spirito che dimostra e la passione che deve avere per sapere tutto quello che sa. Ascoltate gente, ascoltate. Poi ci sarà anche gente che ammira gli astrologi, ma io ammiro gli scienziati!

Riprendo una proposta già postata in altri blog perchè interessa la categoria dei giornalisti.

E' di questi giorni il sequestro di formaggio contenente aflatossine, perchè fatto da latte prodotto da animali alimentati con mangimi (mais in particolare, ma anche fieno se non ben conservato) che contenevano micotossine.

E' anche di questi giorni la notizia che il Giorgio Fidenato ha seminato mais del tipo MON 810 che produce una tossina che potrebbe far morire le larve della piralide le cui gallerie aperte nelle pannocchie e nelle piante sono albergo di muffe tipo aspergillus che producono micotossine e inquinano il mais raccolto a dei livelli illegali perchè pericolosi.

Tralasciando tutta la caciarra fatta sui fatti, volta, però, a mio giudizio, a riscaldare ulteriormente teste calde affinchè nottetempo distruggano il seminativo dell'agricoltore Giorgio Fidenato, ti chiedo non sarebbe il caso che si scatenasse una campagna di stampa volta ad ottenere che il campo di Fidenato faccia il suo ciclo e non venga distrutto in modo da verificare da parte anche di non addetti che la piralide colpisce meno o anche più (perchè no) il Mon 810 che non quello convenzionale che si trova accanto?

Sicuramente se ciò avvenisse molti si inserirebbero e direbbero: "ma intanto il mais MON 810, provocherebbe un flusso di polline transgenico che inquinerebbe il mais convenzionale" Ecco allora da agronomo ti posso assicurare che le circostanze hanno voluto che la semina al 15 di giugno da parte di Fidenato fa si che quando la coltivazione dello stesso produrrà polline non esisterà più nessuna coltivazione di mais capace di accoglierlo perchè ormai i pistilli fiorali saranno avvizziti.

Un'occasione del genere in un paese normale sarebbe da non lasciar perdere e giornalisti onesti intellettualmente dovrebbero battersi perchè avvenga ciò che ho delineato.

Cosa ne pensi? Io sono molto scettico.

Grazie, ma da ragazzo ho preso botte perchè non studiavo ed ora le prendo da mia moglie perchè sono sempre appartato con libri in mano e perdo tanto tempo alla tastiera. Spero di guadagnarmi il paradiso. ciao

@Daniela Ovadia: io capisco il suo discorso, e apprezzo la valorizzazione delle competenze specifiche di chi non è scienziato anche in ambiti complessi come la scienza. E sono perfettamente d'accordo che per fare il giornalista scientifico, e financo il divulgatore, servano della abilità che hanno poco a che fare con la ricerca scientifica. Ciò detto, la sua illusione che il giornalista scientifico e il divulgatore siano "neutrali" e "oggettivi" mentre lo scienziato no, non mi convince per niente. Perché mai dovrebbero esserlo? E perché la neutralità dovrebbe essere dare alla scienza e agli altri elementi coinvolti lo stesso peso, e amalgamarli in un discorso? Io, badi bene, non sono scienziato. Di formazione sono storico, di passione curioso: ma non posso che ritenere che qualunque discorso che cerchi di utilizzare altri ragionamenti per fare da contrappeso alla scienza sia tragicamente schierato, non neutrale.

[...] Consigli non richiesti a giovani scienziati aspiranti divulgatori. (di Dario Bressanini • 21-Giu-13). Primo di una serie di post di un bravissimo autore come Bressanini, dedicato a come si fa divulgazione e comunicazione scientifica, articolato e impegnativo. [...]

@ Daniela Ovadia: "O la scienza è la panacea di tutti i mali, un luogo puro non sfiorato dalle brutture dell’umano", concordo con questa affermazione. Al giornalismo scientifico manca -credo- la mezza misura (esagero e semplifico): o la scienza risolve tutto, oppure è il male in mano alle multinazionali. Sono poche le volte che ci si interroga anche su alcune cose anche "terra, terra", non mi riferisco tanto alle controverse e difficili questioni bioetiche, ma ad esempio penso all'innovazione che a leggere sembra sempre "bella, giusta e vera". Io qualche perplessità la nutro sempre, ma per non cadere nell'occultismo antiscientifico "no-global" provo soggezione ad esprimere con gli amici e no alcune mie opinioni. Un esempio? I Google Glass. Ci sono, Tutti sono estasiati e non perdono occasione (commentatori e no) per rinverdire l'opinione diffusa su quei geniacci innovatori della Silicon. Ma io mi chiedo: a che cosa accidenti servono? Ok, lo riconosco che rispetto a questioni molto più importanti è una inezia, ma molte volte mi sembra che la direzione della comunicazione/divulgazione scientifica sia quella di auto-incensarsi. Forse dipende dalle precedenti scottature prese negli anni ruggenti della contestazione quando la critica alla scienza e gli scienziati critici erano di moda e prendevano cantonate colossali. Boh! Comunque io ho trovato il post di Dario Bressanini molto interessante. non sono scienziato, né ricercatore, nella vita mi barcameno tra un impiego a stipendio fisso con collaborazioni a progetto che integrano e migliorano la mia vita, però mi appassiona tutta la scienza e a volte sento la nostalgia per qualche critica che vada al di là dell'ottimismo razionale. Saluti e a presto

ubik, a volte inventare qualcosa non vuol dire già sapere dove e come impiegarla. Leonardo inventò la catena da bicicletta e nessuno sapeva cosa farsene. Trent'anni fa una ditta giapponese fece un motore elettrico lungo un millimetro e del diametro di qualche decimo. Lo accompagnò con la frase: per ora non serve a niente, ma se a qualcuno si arenasse un progetto perchè un motore così non esiste, sappia che si può rivolgere a noi.

Bè devo dire che l'esempio calza. Grazie per l'appunto. Da parr mio cercherò di approfondire l'argomento.

Non era mia intenzione fare appunti, chiedo scusa se, volendo essere succinto, sembro sgarbato. Volevo solo ricordare che il motore a vapore, il radar, la radio, la televisione, la lavatrice, il radar e altre più o meno recenti invenzioni, appena uscite sembravano inutili e prive di senso...

Sì sì avevo capito che non volevi essere sgarbato, con i commenti sui blog capita e mi ci sono abituato. Tra gli esempi che citi ne aggiungo un altro che mi veniva fatto notare in altra sede: il traffico automobilistico come una piaga, ma in un documentario (ma chi mi lo ha riferito non mi ha fornito ulteriori dettagli) si faceva notare come nell'ottocento veniva vissuta allo stesso modo la piaga degli escrementi per strada dovuta al traffico dei ... cavalli. Insomma, sarò un po' tardo io. Anche se mi rimane questa cosa che a volte (istinto di autodifesa?) dal mondo della scienza arrivano affermazioni convinte di un miglioramento continuo. Oddìo, non voglio mica sembrare un Petrini qualsiasi però. Alla prossima. Ora vado a finire altro.

@Alberto Guidorzi: la ragione per cui nessuno scrive di quello che lei dice è perché difficilmente sono i giornalisti a decidere che cosa pubblicare, ma i direttori e, in ultima analisi, il mercato (un tempo il lettore, oggi sempre più l'editore quando non direttamente l'inserzionista)

@Tommaso: per fare il (buon) giornalista bisogna almeno cercare di essere neutrali. Per fare il divulgatore no, basta essere onesti. Lo scienziato invece non può essere neutrale sulle cose di cui si occupa semplicemente perché è parte in causa. Può essere onesto, trasparente, aperto o quello che ci pare, ma neutrale no, se non altro perché, si spera, ama quel che fa.

@Tommaso: dimenticavo. Legga bene quel che ho scritto: non ho mai detto che tutti gli elementi hanno lo stesso peso, esattamente il contrario. Ma che tutti vanno presi in considerazione, che è diverso.

continua a sfuggirmi il perche' un giornalista scientifico dovrebbe essere neutrale... ma tant'e'...

da giornalista, anche un pochino 'scientifico' nel mio passato, credo che il problema sia di identità della nostra categoria. il pubblico preferisce di gran lunga uno scienziato o un economista che scrive in modo divulgativo della sua materia, che un giornalista che parla degli stessi argomenti. Non solo, ho l'impressione che chi, tra il pubblico generico, non si interessa di scienza tende a non informarsi proprio su questi temi (né da divulgatori, né da scienziati), al massimo segue giacobbo, perchè si diverte, o perchè si impressiona. Chi, da profano, si interessa di scienze (mi metto in questa fascia di pubblico), preferisce invece gli scienziati divulgatori ai giornalisti, se non in pochissimi casi di giornalisti paticolarmente autorevoli, e tende anche ad approfondire, cercando i divulgatori esponenti di diverse posizioni, purchè credibili. Quindi il problema è (ed è un problema non solo dei giornalisti scientifici) che i giornalisti tendono a perdere un ruolo, in questi ambiti specifici. Purtroppo, filosofare o far sociologia su 'cosa significa essere gionalista scientifico' e sulle differenze rispetto allo scienziato divulgatore o al comunicatore, serve a poco e non cambia la situazione: nel sistema dell'informazione attuale la figura del giornalista scientifico tende ad avere un ruolo sempre più marginale. anche gli editori, mi pare, preferiscono sempre più scienziati divulgatori ai giornalisti scientifici, magari con master e corsi (ma la laurea in lettere o comunicazione): questo è un altro aspetto su cui riflettere.

@Dottoressa, come saprà meglio di me, nessuno è neutrale e, nello specifico, nessun giornalista, tantomeno scientifico lo è: l'importante , come sempre, è dichiarare le proprie preferenze e poi cercare di essere il più possibile (e mai in assoluto) imparziale e/o obiettivi. Del resto non capisco come una persona appassionata di scienza che decida di fare il giornalista scientifico possa essere neutrale parlando, per esempio, del rapporto tra omeopatia (o rabdomanzia, spiritismo, etc) e scienza. Forse (e mi scuso in anticipo) lei confonde la scienza con gli uomini di scienza che, come tutti (talvolta anche come i più fanatici estremisti religiosi o quant'altro) possono (e l'hanno fatto) tradirne lo spirito e le intenzioni.

È curioso, ma mi trovo d'accordo quasi con tutti. Posso trovare esempi di ottimi scienziati che erano anche ottimi divulgatori: S. J. Gould scriveva dei bellissimi saggi divulgativi e nel frattempo elaborava la teoria degli equilibri punteggiati. Posso fare esempi di divulgatori che non hanno trovato possibile fare entrambi i lavori: il biochimico Isaac Asimov abbandonò la ricerca scientifica per dedicarsi interamente alla divulgazione, diventando uno in grado di scrivere di neuroscienze come di buchi neri (e nel frattempo divenne anche scrittore di fantascienza), a parer mio il miglior divulgatore di tutti i tempi. Posso fare esempi di scienziati che l'hanno "fatta fuori dal vaso" quando hanno provato ad occuparsi di campi non di loro competenza, come Odifreddi che ha scritto qualche boiata di troppo sull'evoluzione, pretendendo di ridurre tutto alla formula di Hardy-Weinberg e ignorando invece la grande difficoltà degli evoluzionisti di trovare un modello matematico effettivamente funzionante per l'evoluzione. Del resto esistono invece anche ottimi divulgatori privi di formazione scientifica, lo stesso Piero Angela (diplomato di liceo classico), lo scrittore e sceneggiatore Douglas Adams, con un libro bellissimo e quasi sconosciuto, Last Chanche to See, o Bill Bryson col suo piacevolissimo Breve storia di (quasi) tutto.

Del resto i francesi chiamano quel genere di scritti "vulgarization", cioè rendere la scienza comprensibile a tutti. E questo da parte degli scienziati è un preciso dovere, non solo un vezzo. Cosa diversa è l'informazione, che invece spetta ad altri.

Il rapporto tra scienziati e giornalisti invece è un sacco più complicato. Da una parte abbiamo una torma di scienziati incazzati per come viene riportata la scienza e per come le loro stesse dichiarazioni vengono talvolta travisate, dall'altra un gruppo di giornalisti scientifici seri e preparati (sia sul giornalismo sia sulla scienza) che hanno difficoltà a lavorare mentre degli "incompetenti" scrivono di scienza a tutto spiano. Il che ovviamente fa sì che poi rapportarsi con gli scienziati sia complicatissimo, dato che ormai quasi tutti si aspettano il peggio. E quindi i giornalisti altrettanto incazzati.

Nel mio piccolo ho scritto due righe sull'argomento, che spero possano essere utili.

C'è differenza tra "essere neutrale" e "dare un'informazione neutrale". O imparziale, o obiettiva, non incartiamoci sulle parole, il senso di quello che scrive Daniela Ovadia è chiaro.

Ovvio che ciascuno ha le sue idee e le sue opinioni. La bravura del giornalista sta anche nel metterle momentaneamente da parte quando fa informazione. A nessuno interessano le opinioni del giornalista Mario Rossi, ma a molti possono interessare le informazioni che Mario Rossi ha raccolto. Non è molto diverso da quello che fa il bravo ricercatore: ottiene un risultato, lo analizza e lo pubblica, anche se è il contrario di ciò che si aspettava o che sperava.

Sì, GGG, forse nell'Iperuranio ma qui sulla Terra...

per aiutare nella bella discussione sulla divulgazione, vorrei segnalare che stamani sul sito di Repubblica (http://www.repubblica.it/salute/2013/06/24/news/staminali_bene_primi_test_per_sla-61738014/) la SLA è diventata 'sclerosi laterale amniotica'. sarà colpa del citatissimo correttore automatico o piuttosto indice della incolmabile ignoranza italica a proposito di scienza? ne abbiamo di strada da fare, purtroppo.

ho letto con interesse quasi tutto lo scambio, non tutto, lo confesso, perchè è lunghissimo! Nell'ottica di tutta la diatriba deduco di essere profondamente di parte, in quanto biologo... Vorrei scrivere quello che ho sempre pensato in merito e, per farlo, vorrei partire da una citazione del buon Einstein: "non hai veramente capito qualcosa fino a quando non sei in grado di spiegarlo a tua nonna" Qual è il significato di questa frase? Non è solo una metodica per capire se si padroneggia un certo argomento, ma, per la proprietà commutativa, è anche un presupposto per poter parlare in maniera esauriente di un certo argomento a chi lo ignora. Vuoi raccontare (come divulgatore o giornalista) della telomerasi a qualcuno che scienziato non è? Bene, allora sii padrone dell'argomento, altrimenti non potrai mai farlo bene e nemmeno semplificarlo bene. Personalmente parto da questo concetto, ecco perchè (e chiedo perdono se il mio pensiero potrà offendere qualcuno, non è niente di personale ovviamente) non concepisco la figura di giornalista scientifico che non abbia una preparazione in ambito scientifico... un laureato in materie umanistiche che vuole di fare informazione scientifica (e non parlo di divulgazione, basta l'informazione sui quotidiani o sui periodici) è una figura che raramente tollero, infatti da anni mi rifiuto di leggere le rubriche scientifiche, tranne quelle di giornali come le scienze che sono fatte bene (il problema è che il grande pubblico non compra le scienze fondamentalmente). Trovo e ho trovato molti articoli pressapochisti.. e questo volendo fino a un certo punto ci sta, non è una pubblicazione scientifica, la cosa peggiore è trovarci degli strafalcioni scientifici che mi fanno correre brividi lungo la schiena, ma che chi ne sa di meno prende per buoni.. Chiaro, alla maggior parte delle persone non cambia la vita, però è in nome dell'informazione fatta bene che un giornalista dovrebbe fare il giornalista, non in nome dell'informazione animata dallo spirito del commercio e del sensazionalismo. Quando leggo titoloni del tipo "trovato medicinale rivoluzionario per la cura di XXX" (XXX può essere dalla calvizie alla malattia degenerativa) io mi incavolo proprio, perchè il giornalista tenta di fare clamore e di abbracciare una buona fetta di lettori, ma lo fa anche su argomenti delicati, chi legge ed è emotivamente coinvolto nella questione costruisce speranze attorno a quello che legge ed è distruttivo ed è disinformativo. Non mi piace. Secondo me non si può parlare di un argomento scientifico senza avere metodo scientifico, la laurea in materie scientifiche (con alcune differenze) dà una forma mentis diversa, che è quella che serve per fare le cose con metodo. Il giornalista laureato in lettere chiama l'esperto di turno, interpreta l'informazione ottenuta e scrive, magari capita anche che scriva roma per toma o che semplifichi nel modo sbagliato, non perchè sia stupido, ma perchè sono argomenti che non conosce bene; prende informazioni... da dove? magari da studi sponsorizzati, capita, senza saperlo, e trae le sue conclusioni super partes, tenendo conto anche della percezione che può avere un lettore, dell'impatto che può avere la notizia su chi legge ecc però... però è vero quello che dice il dott. Bressanini, le opinioni non sono tutte uguali, se si basano su presupposti assurdi (tipo il vegano che dice che non avrà mai carenze alimentari anche se non prende integratori perchè è solo quello che vogliono fargli credere gli stupidi mangiatori di cadaveri, e le ho lette e sentite davvero queste opinioni) sono sbagliate... opinioni, ma sbagliate, quindi, è giusto presentare i pro e i contro, i vari aspetti della faccenda, ma quelli veri Io non so scrivere e, arrivati a questo punto del post, ve ne sarete accorti tutti, ma ritengo che, sebbene sia indiscutibile che per diventare giornalista scientifico si debba imparare a comunicare alla massa, che è diverso dal saper scrivere in italiano, una conditio sine qua non deve anche essere il conoscere la materia e l'avere il metodo scientifico; non farei ammettere ad un master in giornalismo scientifico uno psicologo o un laureato in lettere, farei ammettere un laureato in chimica, in biologia, in fisica o altro, previo test che per lo meno ne accerti l'attitudine. Un letterato sarebbe contento e soddisfatto del servizio leggendo un articolo, una review, come è stato scritto qui, scritto da un biologo? non penso, forse si sentirebbe usurpato, perchè? Perchè per scrivere una cosa che fili bisogna poterla spiegare alla propria nonna, io non mi sognerei mai di scrivere della maggior parte delle materie, nemmeno di botanica o di fisica o di chimica fisica se proprio vogliamo dirla tutta! è chiaro che c'è da distinguere divulgazione da giornalismo, ma per me il punto di partenza deve essere lo stesso, il taglio e lo scopo diversi.

No, demetrio, nella realtà, se dico che esistono un sacco di giornalisti scientifici veramente bravi, che sanno fare il loro lavoro in maniera magnifica e che la maggior parte di questi stanno per strada lo dico perché l'ho constatato personalmente. Prima di parlare di iperuranio dovresti provare a conoscerne qualcuno.

@GGG Non ne dubitavo affatto. Dubito, invece, assai che si possa essere neutrali nei termini che tu proponi. Ritengo, infatti, che il massimo dell'imparzialità stia nell'ammettere la propria parzialità e riportare fedelmente le tesi ad essa contrapposte. Ma che un giornalista competente debba trattare con equità verità scientifiche e affermazioni ciarlatanesche non lo credo fattualmente possibile né, a parer mio, auspicabile.

@Demetrio: mi pare che non capisca proprio il punto. È ovvio che nessun giornalista scientifico serio dirà che l'omeopatia funziona. Ma nello scrivere di omeopatia se non considera anche perché tanta gente la usa, allora non fa un buon lavoro. Sono tutti cretini? C'è qualcosa nel rapporto medico-paziente nella medicina classica che giustifica il ricorso all'omeopatia? C'è qualcosa nella percezione sociale dei farmaci e delle industrie che le producono che distorce la scelta su come curarsi? E poi, quali sono i conflitti di interesse dietro l'omeopatia? Quanti soldi guadagna quell'industria? Quanti ne risparmia non dovendo sottoporre i suoi "rimedi" alle stesse sperimentazioni dei farmaci? Quali gli scienziati che hanno sostenuto (e per che ragioni) che l'omeopatia funziona? Chi li ha smentiti? Ecco questa sarebbe la mia scaletta di un articolo sull'omeoptaia, dove certamente metterei anche il virgolettato di chi è felicissimo di curarsi con acqua fresca, ma all'interno del quadro generale.

@Vale: quel che dice è in parte vero, ma tenga conto del fatto che spesso è lo scienziato stesso a promuovere, in buona o cattiva fede, il proprio lavoro come pietra miliare. Per non parlare dei comunicati stampa delle grandi riviste scientifiche (ogni tanto vorrei che gli scienziati leggessero un press release di Nature o Science e mi dicessero chi è che fa dumping, se la scienza o il giornalista). Il perché lo fanno è semplice: ci sono fior di studi (uno uscito già negli anni 90 sul New England Journal of Medicine) che dimostrano come le ricerche riportate sui giornali ottengano un impact factor più elevato di quelle di cui non si parla, a parità di qualità. Che le cose sembrino bellissime serve anche agli scienziati.

Scusate ma qualcuno mi sa spiegare il senso di questa dichiarazione della Lorenzin?

"Desta preoccupazione la linea europea in base alla quale e' possibile la messa a coltura secondo pratiche biothec, anche se questo non ricade sul consumo."

http://www.agi.it/research-e-sviluppo/notizie/201306201831-eco-rt10281-ogm_lorenzin_preoccupante_apertura_ue_a_coltivazioni_biotech

Per il Ministro il problema sono le pratiche "biothec" (quindi non solo gli OGM) anche se il consumo di questi non ha effetti sulla salute? Ho capito bene la dichiarazione?

@Daniela Forse, come dice lei, mi sfugge il punto della questione, tuttavia l'elenco delle domande retoriche che lei porta ad esempio, fatta eccezione per la prima, mi sembra senz'altro passibile di analisi scientifica: non c'è bisogno d'una figura professionale specifica per porsele, basterebbe la Gabanelli, per esempio. Ed, ancora, me le pongo anch'io pur essendo assolutamente contrario all'omeopatia: come vede, basta ragionare.

PS A proposito, lei lo sa quanti e quali sono gli scienziati che sostengono l'omeopatia?

@Fulu Lei chiede a noi cosa intendesse dire il giornalista dell'AGI (che non si firma) quando ha riportato le affermazioni del Ministro della Salute (nella fattispecie, il classico mignottone berlusconiano privo di alcun titolo accademico o professionalità)? E che stiamo in spiaggia a giocare a telefono senza fili?!

Demetrio, peccato che la Gabanelli quando s'è occupata di scienza abbia fatto esattamente il gioco del dar valore a ipotesi strampalate (l'aspartame, la fusione fredda, la fragola pesce, i cellulari e i tumori, eccetera).

(ah, btw, non son domande retoriche e gli scienziati che supportano l'omeopatia son fin troppi e fin troppo famosi da rappresentare un problema col quale, purtroppo, dobbiamo fare i conti)

Si so spiegarle. Sia la Ministra agricola che quella dell'ambiente sono delle totali incompetenti dei problemi di competenza dei loro dicasteri e noi ce le troviamo ad amministrarci, come, pure, ci siamo trovati una Josepha Idem che pur sapendo che aveva la coda di paglia ha accettato di fare il Ministro e si è sentita offesa quando le è stato detto che si è comportata da "mariuola"

Leggo ora la sua risposta e da questa evinco che sono stato una mosca bianca per il fatto di aver avuto la fortuna di scrivere due o tre articoli al mese per ben 6 anni per la rivista Spazio Rurale e di aver sempre potuto scegliere io l'argomento o il fatto da commentare!

Avevo però un vantaggio non da poco: non mi facevo pagare e quindi se mi avessero fatto imposizioni inaccettabili li avrei mandati a quel paese.

Perchè l'aglio con alcuni alimenti diventa di colore verde?

Molto interessante, dal canto mio mi accordo che la nozione stessa che io avevo di "giornalista" era forse sbagliata. Anche Daniela sembra smentire il fatto che il giornalista scriva e cerchi la Notizia. Per me era questo il giornalista, chi scrive (o filma), immortala un evento e lo descrive. Ovviamente ci sono poi le schede di approfondimento, ovviamente il giornalista puo' anche scrivere su temi generali, ovviamente potrà anche scrivere un libro, ma allora...il giornalista medio si mette anche lui a fare tutto e il contrario di tutto ?

Riguardo la neutralità del giornalista sono d'accordo con Daniela. La neutralità è da intendere come dovere di informazione. Se il Papa va a caltagirone di Sicilia io dico che ci è andato anche se a me la cosa non mi interessa, o addirittura mi da fastidio. Chiaramente non prendo posizioni religiose, ma per esempio dico che ad accoglierlo sono venuti da tutta la Sicilia.

Il fatto è allora che questa neutralità è modulata solo dal fatto che è il giornalista a decidere quel che vuole mettere a fuoco. E la notizia completa è, diciamo così, l'insieme di tutte le notizie apparse nei vari giornali, ecco perché è bene comprarne molti, si chiama pluralismo dell'informazione.

Più che il giornalista è la scelta della testata di ignorare alcune notizie non aderenti alla linea del giornale. Non troverete mai, ad esempio, una notizia su Il Manifesto che metta in buona luce gli ogm (ad esempio citando la riduzione di insetticidi) o sul quotidiano di Ferrara una sulle ultime scoperte sull'evoluzione. Il giornalista può anche essere neutro, ma spesso non lo è la testata. Repubblica ad esempio sui temi dell'agroalimentare fa scrivere solo Petrini. Ecco....

@Bea, non capisco. Se la Gabanelli tratta quei temi da giornalista non le sta bene perché incompetente e forse in malafede: ok. Se li tratta uno scienziato (tendenzialmente) non va bene perché è di parte. Ma si può sapere dove stanno questi giornalisti-scienziati che rinunciano alle loro opinioni (scientifiche) per parlare degli ogm/omeopatia/etc considerando punti di vista opposti (e ciarlataneschi) senza tentare di smontarli?

Salve, ho letto il libro di Michael Pollan "Il dilemma dell'onnivoro" il quale dice che "l'ogm si può ottenere in laboratorio aggiungendo al DNA in questione sia batteri vegetali che animali". Ma quindi al famoso pomodoro marzano si può aggiungere un batterio del pesce come dice Grillo?!!! Complimenti per il suo impegno scientifico e divulgativo. Armando

demetrio, io non ho mai detto che se questi temi li tratta uno scienziato non va bene. E non ho mai detto (non l'ha detto nessuno qui, in realtà) che nel parlare di omeopatia, ogm, ecc si debbano prendere in esame punti di vista "opposti e ciarlataneschi". Sto nel direttivo del cicap. Figurati se penso di dar voce alla fuffa.

Oops, allora mi taccio per rispetto a te (posso darti del tu?) e al CICAP.

PS Mi giustifico: avevo erroneamente supposto che avessi fatto tue le posizioni di Daniela.

Le ho fatte mie (nel senso che le condivido totalmente): Come già ti faceva notare GGG, credo che tu le abbia lette in maniera distorta.

Armando ti ho risposto già sulla rubrica degli OGM.

Certo che è vero che un gene di pesce produce la stessa proteina se è inserito nella fragola o viceversa. Ma dipende se vi è l'utilità di farlo. Ecco la balla che racconta Grillo e tanti altri è che la cosa sia stata realizzata. Nessuno si sognerebbe mai di farlo perchè se anche ho una fragola che resiste a -40° non posso andarala a coltivare al Polo Nord (il gioco non vale la candela). Infatti è un OGM mai realizzato, inoltre l'iconografia ha sempre mostrato una fragola con testa di pesce il che è la panzana più grossa perchè il "fragolo" si dovrebbe fecondare il "pesce femmina" (e "goderne" anche, in quanto l'atto sessuale deve avere questa grossa componente) per avere un mostro del genere, cioè tutto il genoma della fragola si dovrebbe mescolare con tutto il genoma del pesce, il che è impossibile. Non solo ma se avvenisse questo tutti hanno pensato che la fragola assumesse il sapore di pesce (una schifezza), ma vi sarebbero le stesse possibilità che il pesce avesse il gusto di fragola ( non una totale schifezza). Ebbene tutti hanno pensato che avvenisse la prima cosa e mai riflettuto che potesse avvenire anche la seconda.

Armando i batteri vegetali non esistono.

Può darsi, Bea, tuttavia a me pare proprio che né Daniela né tu mi abbiate risposto: chi sono questi scienziati favorevoli all'omeopatia? Chi sono, perlomeno in Italia, questi giornalisti-scienziati che riportano le tesi che loro stessi intimamente avversano senza criticarle? Perché alle domande che Daniela pone (post del 24 giugno 2013 alle 15:41) non potrebbe dar voce un giornalista "normale" o un normale pensatore? A me continua a sembrare che la discriminante sia tra le persone che amano ragionare e quelle che non si divertono a farlo piuttosto che tra specialisti di campi diversi. Tutto qui.

ps Se tu mi considerassi troppo stolto puoi pure non rispondermi: non mi piace far polemica.

demetrio, ti rispondo per punti: 1. gli scienziati favorevoli all'omeopatia sono i soliti noti (Montagnier, Mullis e qui da noi Del Giudice, Vitiello, più tutti i medici che prescrivono i rimedi omeopatici). Tu mi dirai che Montagnier ha sbarellato e che Mullis è sempre stato fuor di cotenna o che Del Giudice e Vitiello si occupano di una particolarissima piega della termodinamica quantistica che ha scarsissimo credito nella comunità scientifica o che tutti gli omeopati son fuffari. Io posso anche concordare con te, ma il nocciolo della questione è che ci sono persone all'interno della comunità scientifica (anche premi Nobel) che supportano quelle affermazioni lì e questo è sufficiente per rappresentare un problema con cui bisogna fare i conti (quel che cercavo di dire nel messaggio precedente). 2. Poi, i giornalisti-scienziati non so chi siano. Conosco tanti giornalisti scientifici. Daniela è una di queste. Spesso sono _anche_ scienziati (Daniela, di nuovo, è una di questi perché oltre all'attività giornalistica fa anche ricerca) o lo sono stati (io prima di cambiar mestiere per occuparmi di comunicazione della scienza a tempo pieno facevo la neuroscienziata). 3. "che riportano le tesi che loro stessi intimamente avversano senza criticarle?" Ecco, questo è il punto non colto. Non si tratta di dar voce alle tesi strampalate e fare il gioco delle due campane, ma di prendere in esame anche le questioni _non_ scientifiche (sociali, economiche, psicologiche, ecc) del problema e cucire assieme una rappresentazione il più possibile fedele alla realtà dei fatti. Sulla parzialità degli scienziati concordano anche gli scienziati nel momento in cui si dotano di strumenti (come il controllo cieco) per annullare o limitare il loro bias negli esperimenti. Il giornalista scientifico deve essere visto un po' come uno strumento di controllo, che ha le sue preferenze e le sue idee come tutti, ma che ha a sua volta strumenti che gli permettono di limitare il bias (e quando non lo fa, ha una comunità scientifica e una comunità di colleghi che lo mazzuola per bene ) 4. "perché alle domande non potrebbe dar voce un giornalista normale o un normale pensatore?". Non si tratta di "dar voce" alle domande, ma di rispondere a quelle domande e prendere in considerazione le risposte per costruire il proprio pezzo nel migliore dei modi possibile. E questo, hai ragione, lo può fare chiunque. Le vere discriminanti sono che per rispondere a quelle domande e allo stesso tempo saper gestire un argomento scientifico complesso devi avere necessariamente una preparazione che ti consenta di muoverti in entrambi i mondi con facilità. E questo non capita così di frequente.

@dario bressanini dixit: "Non troverete mai, ad esempio, una notizia su Il Manifesto che metta in buona luce gli ogm (ad esempio citando la riduzione di insetticidi)".

Ti riporto questo link (http://www.tandfonline.com/doi/pdf/10.1080/14735903.2013.806408 credits: mazzetta.wordpress.com) dove mi par di capire si arrivi invece a conclusioni opposte rispetto alla tua affermazione. Ecco, se proprio devo trovare una critica da rivolgere allo "scienziato" e, di conseguenza, al divulgatore/giornalista è che alcune volte una scoperta che di per sè dovrebbe avere solo ricadute positive nella sua applicazione pratica, nel lungo termine rivela invece ben lontana dall'apportare un miglioramento, vuoi perché i tempi di sperimentazione potrebbero durare decenni, vuoi perché le nostre conoscenze riguardo al "nuovo ritrovato" sono limitate (a titolo di esempio mi vien da pensare all'enorme diffusione dell'eternit e alle migliaia di morti che ha causato per le inalazioni di asbesto). In questo senso credo che il ruolo di "mediatore" del divulgatore scientifico non dovrebbe mai essere immune da una coscienza critica o, per dirla in altri termini, dal "seme del dubbio" che è proprio della scienza, per sua stessa natura lontana dalle posizioni fideistiche della religione e che a mio avviso è il solo mezzo per evitare la proliferazione delle ideologie antiscientiste e oscurantiste.

errata corrige: [...]nel lungo termine SI rivela invece [...]

Fra, ho letto l'articolo di Mazzetta che riprende quel lavoro, e in realtá mi conferma quanto dicevo: i giornalisti non scientifici NON sono in grado di parlare sensatamente di argomenti scientifici (l'articolo originale ha un cco di pecche, ma non è il caso di parlarne qui) ma in realtà NON parla di ogm anche se a prima vista sembra. Questo è un esempio di manipolazione (oppure di non aver capito l'articolo)

Be veramente i premi Nobel che parlano di cose che non alla loro branca di studio dicono anche bestialità come tutti noi. Di esempi ne abbiamo parecchi.

Sí, ma il punto è che "l'ha detto anche un premio Nobel, quindi è vero"

nel campo delle biotecnologie non facciamo altro che riprendere cose avvenute già in natura e che avvengono tutt'ora.

I cloroplasti sono delle alghe incorporate

Molti batteri ancora ora cedono parte dei loro geni alle piante coltivate (vedi rizobium)

Gli incroci interspecifici sono avvenuti in natura, avvengono e ora siamo capaci di favorirli

Il frumento ha incorporato ben tre genomi di altre specie per divenire tale

Le mutazioni indotte sono sempre esistite perchè la radioattività è un fenomeno naturale

Le cellule staminali sono sempre esistite. In animale erano rare in vegetale invece bastava prendere un pezzo di ramo e interrarlo per sfruttarne la totipotenza.

Le piante velenose non le abbiamo create noi, esistono da sempre, anzi ce ne siamo serviti per farne medicine e nessuno ha pensato di distruggerle.

Fra vuoi che continui? Non sarai anche tu uno che esige il rischio zero.

Ecco il divulgatore scientifico dovrebbe far notare queste cose ed il giornalista riprenderle e diffonderle ad un'opinione pubblica che non è tenuta a saperle, ma per poter giudicare deve apprenderle almeno volgarizzate, altrimenti si lascia sempre guidare dai tabù.

Purtroppo in Italia di divulgazone se ne fa poca, per trovare testi divulgativi ho sempre dovuto andare su lingua francese e inglese. Dato che leggo correntemente il Francese e meno l'inglese negli ultimi anni, cioè quando ho terminatro l'attività lavorativa, ho speso quasi 5000 € in libri divulgativi e relativamente agli argomenti che mi interessano, pro e contro evidentemente.

Questo benchè fossi investito di male parole da mia moglie per i soldi che spendevo.

Bea, ti ringrazio per la risposta così esauriente e mi compiaccio di essere d'accordo con te. Evidentemente fino ad ora un po' ho frainteso e un po' mi sono spiegato male.

(1. In effetti, il mio atteggiamento eccessivamente intransigente mi portato ad escludere erroneamente dal novero degli scienziati gli innominabili che hai citato tu. Tuttavia, riguardo i medici che prescrivono preparati omeopatici, da una parte sinceramente li... li... disprezzo! mentre dall'altra sono costretto ad arrendermi all'evidenza che, grazie all'effetto placebo, nel caso di patologie "minime" possano davvero recare beneficio ai loro pazienti. 2. Chi sia Daniela non lo nego certo, colgo, invece, l'occasione per manifestarle il mio apprezzamento: leggo il suo blog e mi rammarico dell'altalenante frequenza dei suoi post.)

Bea, il fatto che all'interno della comunità scientifica ci siano voci a favore dell'omeopatia non dimostra, a mio avviso, gran che, se non che non basta ripetere le parole di uno scienziato (dal premio Nobel al dottorando aspirante scienziato) per essere sicuri di fornire informazioni corrette. Sono d'accordo con Dario: un buon giornalista scientifico non può non avere una solida base scientifica, che non vuol dire essere un esperto della materia, ma conoscere a fondo il metodo scientifico ed essere in grado di documentarsi sull'argomento che intende trattare. Vuoi un esempio di giornalista scientifico che sostiene l'omeopatia? Guglielmo Pepe, ex direttore di National Geographic Italia (!), autore di una rubrica su Repubblica.it.

Non ricordo più chi aveva usato il termine "volgarizzazione", ma credo che sia la chiave della questione. Uno scienziato che voglia comunicare a chiunque sia al di fuori della comunità scientifica relativa all'ambito di cui si occupa non può fare a meno di "tradurre" il suo messaggio in un linguaggio più accessibile. Se poi vuole fare il divulgatore, deve anche rendere accattivante la sua comunicazione anche a chi non sarebbe di per sé appassionato della materia.

Trovo umiliante assistere a pseudodivulgazioni condite di imprecisioni (a voler essere gentili) giustificate con il pretesto di inseguire la comprensione del telespettatore del Grande Fratello. Ma qui si dovrebbe aprire una discussione parallela sul grado di "analfabetismo scientifico" in Italia...

Il vocabolo volgarizzazione l'ho usato io ed è la traduzione del vocabolo francese "vulgarisation".

Però tu ne hai compreso il senso che discende dal significato datovi oltralpe, mentre quando lo uso di fronte a cattedratici italiani ecco che storcono subito il naso e molti ti rispondono che la scienza è una e non può essere volgarizzata. Essi danno alla parola il significato deteriore e non si fermano al significato etimologico che significa "spiegarla al volgo, cioè a persone che non hanno quelle determinate competenze, ma ne hanno altre che io non possesso. Quindi può avvenire che io volgarizzo ciò di cui sono specializzato e loro mi volgarizzano ciò di cui sono specializzati.

Mi sembra che non si contravvenga a nessuna regola assodata adattando la spiegazione agli strumenti che possiede l'interlocutore.

I grandi scienziati come Einstein e Feynman non si sono mai tirati indietro nell'arduo compito di spiegare al grande pubblico le teorie che studiavano. Anzi, lo consideravano un dovere sociale. Hanno divulgato la loro sceinza senza leggere nessun rapporto PUS o PEST, perché era importante che tutti capissero i metodi, i risultati, i dubbi e le nuove sfide. Che poi è quello che fa Dario, in attesa di un premio Nobel per la Chimica.

Trent'anni fa lessi libri di Piero Angela, secondo il quale se l'informazione non arriva, la colpa non è del destinatario, ma SEMPRE di chi non ha saputo spiegarla. Condivido. Se uno non sa che 2+2 non fa 5, non solo bisogna metterlgli davanti due coppie di mele, ma ANCHE dirgli che NON può prendere due pere "tanto è uguale....", a meno che non si parli di frutta in generale.

Alberto, sarà perché sono in Francia...

Salvo, rileggi quel che ho scritto. Il fatto che ci siano scienziati, anche prestigiosi, che sostengono l'omeopatia è un problema per la comunicazione non tanto per la scienza (in alcuni casi il problema c'è anche per la scienza, vedi il global warming). Perché "l'ha detto il premio Nobel". Sono completamente d'accordo con quel che dici tu: non basta ripetere le parole di uno scienziato. Per questo servono persone competenti che sappiano anche mettere in dubbio le parole degli scienziati e sappiano cercare ie fonti giuste. Queste persone sono i giornalisti scientifici che hanno una solida base scientifica e una solida base giornalistica/comunicativa. (Pepe non lo è mica, tra l'altro)

PS: i problemi sono di due tipi differenti (semplifico per carità e forzo anche un poco il ragionamento) e non hanno a che fare con la scienza. Avete presente il pomodoretto sorridente utilizzato nelle campagne No-ogm come quelle di questi giorni? E avete presente i siti che se ne fanno carico? Ecco c'è una certa estetica che prevale e che il mondo sparuto ahimè della comunicazione scientifica non ha saputo contrastare con altrettanti "brand" e slogan efficaci. Insomma la polarizzazione è tra il pomodoro a fumetto, il sole che ride e le visiere delle tute chimiche (almeno negli anni '70 la scienza era anche raccontata con dei personaggi eccentrici e controcorrente che sfidavano credulità e superstizioni conformiste). L'altro è la perdita di ottimi giornalisti scientifici come Giovanni Maria Pace, o bravi a divulgare come Sala. Anche oggi ci sono ma non trovano più spazi nei giornali e nella comunicazione. Perché? Secondo me per il punto precedente: non aver mai dato importanza alla rappresentazione di sé: ok gli scienziati e i ricercatori hanno ben altro da fare. Ma chi comunica e divulga deve preoccuparsi di far arrivare bene il suo messaggio. Ok, ora mi becco le critiche. A presto

Bea, guarda che in un certo senso siamo d'accordo, al netto di alcune "sfumature". Secondo me il dibattito all'interno della comunità scientifica è fisiologico. Il problema non sta nella scienza, perché alla lunga le tesi farlocche, come l'omeopatia, sono messe all'angolo all'interno della comunità scientifica. Sono i giornalisti che dovrebbero filtrare e veicolare. Nel mio mondo ideale i giornalisti non sono neutrali ma obiettivi. Vero è che una corretta informazione riporta entrambe le campane di un dibattito, ma non le mette sullo stesso piano. Qualche giorno fa mi si è rivoltato lo stomaco guardando un servizio del TG1 della sera sull'apertura di un museo dell'omeopatia, con tanto di intervista al direttore che auspicava che il museo potesse servire a far ricredere coloro che "non credono all'omeopatia". Non è la notizia che mi disturba, ma il mettere sullo stesso piano una tesi scientifica e una "di fede".

Pepe non sarà un "vero" giornalista scientifico, ma un ex direttore del National Geographic Italia ne assume "de facto" la carica, per lo meno temporaneamente. È una carica da affidare a qualcuno che non sia un "vero" giornalista scientifico? È questo il problema.

Salvo, d'accordo su tutto (son cose che ho scritto sparse nei commenti. Se vai più in su le vedi). Pepe è un problema per noi, come Montagnier lo è per gli scienziati, ma non è il solo a ricoprire un ruolo che non gli dovrebbe spettare (penso al tuttoScienze della Stampa in mano a un appassionato di mysteri e paranormale...).

Lo scopo del giornale è vendere copie e lo scopo del giornalista è scrivere articoli che invoglino i lettori a comprare nuove copie del giornale. Non dimentichiamolo mai. Non esiste a priori nessun intento educativo specifico. Certo, scrivere cose corrette e sensate può essere un modo per compiacere un certo tipo di lettore, ma non necessariamente tutti. Verificare ogni informazione prima di pubblicarla richiede tra l'altro tempi, capacità e voglia che non sempre ci sono. Un quotidiano non è un libro di scuola nè una rivista scientifica e purtroppo nell'ottica di massimizzare le vendite deve rivolgersi al pubblico più ampio possibile. Mantenere vivi dibattiti e misteri (anche se ormai risolti) cattura e diverte il grande pubblico più della realtà, che in qualche contesto può risultare meno accattivante. Il successo di programmi televisivi come Voyager e Mistero ne sono una prova. Il giornalista è peraltro sempre alla ricerca di notizie e come si sa anche le scoperte scientifiche nelle loro prime uscite possono contenere dati che nel tempo si rivelano sbagliati. La loro divulgazione in ambito scientifico serve proprio a permettere un controllo da parte di altri scienziati che così la possono convalidare o meno. Ricordiamo che oggi il lavoro di un ricercatore si valuta sul numero delle sue pubblicazioni e che peraltro si tende a pubblicare anche più di quello che si dovrebbe. Combattere contro gli errori diffusi è una impresa eroica, che va fatta, ma che per certi versi mi ricorda un po' la lotta di Don Chisciotte contro i mulini a vento o quella di una casalinga contro la polvere. La cosa più importante da divulgare, a parer mio, è l'importanza del metodo scientifico e della razionalità in genere come metodo per avvicinarsi il più possibile alla "verità", nonché la consapevolezza che i mezzi di comunicazione di massa possono dire anche cose non vere (in qualunque ambito).

Piccolo annuncio OT: Domani, 27 giugno, alle librerie COOP Bologna Ambasciatori, presento "Le bugie nel carrello". A chiacchierare con me Andrea Segré

http://www.librerie.coop.it/index.php?page=ricordo-di-andrea-zanzotto-a-conegliano-veneto

Scusami Alberto ma il tuo commento mi lascia perplesso in vari punti:

- L'intento del giornalismo non sarà educativo ma informativo di sicuro. Scrivere cose corrette e sensate non è un "di più" che un lettore premia ma un dovere preciso di un professionista del settore. "Verificare ogni informazione prima di pubblicarla richiede tra l’altro tempi, capacità e voglia che non sempre ci sono". Perché allora un medico non potrebbe tranquillamente prescrivere medicinali a casaccio, mancandogli la necessaria competenza/voglia? Non ci sono vari modi di svolgere la propria professione, ma solo due: bene o male. - Rivolgersi al pubblico più ampio possibile è giusto, ingannarlo no. Se un concetto è difficile da trasmettere va semplificato, non modificato. Non è lecito parlare di pomodoro-pesce per raggiungere l'aspirante tronista... - I dati non sono mai sbagliati se ottenuti in maniera corretta. Sono la loro rappresentatività e l'interpretazione che se ne fa a essere casomai opinabili. - Dalle tue parole mi sembra di percepire una sorta di rassegnazione al fatto che le falsità divulgate dai mezzi di comunicazione di massa siano in un certo senso "fisiologiche" a causa della loro natura. Per me, invece, sono un cancro dell'informazione.

Salvo, io sono pienamente d'accordo con te su come le cose dovrebbero essere. Partendo però dalla osservazione che le cose così non stanno, ho proposto delle possibili spiegazioni. Il medico agisce con maggior precisione di un giornalista per diversi motivi. Ha sicuramente una mentalità scientifica, è pienamente informato sulla propria materia ed è conscio che un suo errore può costare la vita a un paziente nonché la propria estromissione dall'ordine e/o la propria incarcerazione. Ciò malgrado, capita anche che talora i medici sbaglino. E' fisiologico. Per quanto riguarda un giornalista di un quotidiano, non è detto che abbia una mentalità scientifica, non è detto che conosca a fondo l'argomento di cui gli è chiesto di scrivere (d'altra parte non possiamo sapere tutto), pensa che un suo errore non ucciderà nessuno e non penso che venga estromesso dall'albo o incarcerato se afferma un po' semplicisticamente che in un acceleratore di particelle, queste vengono portate alla velocità della luce (che sappiamo invece essere il limite non raggiungibile per particelle dotate di massa). Con queste premesse mi aspetto che il giornalista commetta più errori di un medico, come in effetti accade. D'altra parte cosa pensare di un ministro della istruzione che afferma che l'Italia ha finanziato la costruzione del tunnel attraverso cui passano i neutrini nel Gran Sasso? http://www.ilpost.it/2011/09/24/il-comunicato-del-ministro-gelmini-sui-neutrini-e-il-cern/ Detto questo non dico che non si debba lottare per migliorare le cose ma credo che bisogna essere consci che l'impresa è veramente ardua e non è detto che venga pienamente raggiunta, con buona pace di noi tutti.

Alberto, quello del medico era solo un esempio. Prendiamo allora un professore che insegni che Leopardi era il massimo esponente dello Stil Novo. Probabilmente, a ragione, saresti molto meno tollerante. Sono d'accordo che l'errore fa parte della sfera umana, ma se io mi mettessi a fare il chirurgo (e non sono medico) me la andrei anche a cercare, no? Un giornalista di un quotidiano che scrive di scienza deve essere un giornalista scientifico. E un giornalista scientifico deve avere una mentalità scientifica. Se così non è, questo non è fisiologico, è una deliberata mancanza di correttezza professionale, in primo luogo di chi assegna i ruoli. Una castroneria in un articolo pseudo-scientifico non ucciderà nessuno ma abbasserà di sicuro lo già scarso livello culturale. Se, come fai, ti indigni di fronte alla perla della Gelmini, non puoi elevarla a unità di misura dell'incompetenza. Deve restare un triste unicum.

Averlo saputo prima non ti avrei indirizzato il commento, perchè per chi bazziga la Francia il concetto e la distinzione che ho espresso è arcinota.

Domani 27 giugno sono ancora fuori Bologna. Mi dispiace di non poter venire. Alla prossima. Comunque ti consiglio di portare tutti i tuoi risparmi. Andrea Segré sta cercando, assieme a Farinetti, 50 milioncini di euro per realizzare un progetto proprio Fico. http://corrieredibologna.corriere.it/bologna/notizie/politica/2013/24-giugno-2013/sogno-farinetti-caab-disney-world-cibo-2221823794588.shtml

ha ragione Alberto, in Francia il termine vulgarisation è molto simile al nostro "divulgazione" e la radice è la stessa "informare il volgo".

Grande post e vedo anche lunga discussione... Sono d'accordo su praticamente tutto ed in particolare sul problema piú grave che vedo in questo momento in Italia: la divulgazione é spesso fatta da gente che non conosce né di cosa parla né arriva a comprenderla. Questo porta a cretinate epiche scritte anche su giornali importanti che non fa altro che disseminare errori concettuali e scientifici nel pubblico. C'é bisogno che gli scienziati sappiano comunicare quando vengono formati... Io credo che non si possa lasciare questo compito ai soli divulgatori non scienziati, sarebbe conoscere la scienza solo "filtrata" da loro... Un saluto e grazie per essere da ispirazioni a molti di noi...

Dobbiamo avere uno sguardo a 365 gradi???

Fino al 2016 (bisestile). Solo allora lo sguardo si potrà allargare a 366 gradi. Vai Daniela!

365 gradi....ehehe solo ora rilegg e trovo (ancora una volta) il fantastico mondo dei giornalisti divulgatori... Grande Daniela massima stima!

Non ho ancora avuto il tempo di leggere tutti i post quindi se quello che sto per dire è già stato detto mi perdonerete.

Sul problema della neutralità: non basta e non funziona (a mio modesto parere) perché non tiene conto della percezione da parte di chi fruisce dell' informazione. Se io fossi, ipoteticamente, un soggetto che non sa nulla (ma proprio nulla) di OGM e volessi farmene un' opinione ascoltando un comunicatore 'neutrale' che prende quindi in considerazione tutte le varie opinioni e ipotesi sull' argomento mi farei invariabilmente un' opinione estremamente negativa degli OGM e del loro impiego. Questo per un semplice problema di quantità: mentre l' opinione della scienza ufficiale è tendenzialmente una (sto ovviamente semplificando parecchio) e la stessa è vincolata dalla propria etica a veicolare solo dati e ipotesi verificate o verificabili; dall' altra parte, mediamente, tutto va bene pur di 'abbattere' l' avversario a prescindere da quante stupidaggini si possano dire e sostenere. Il risultato mi pare che sia che a voler essere neutrali in situazioni del genere si finisce invariabilmente per favorire l' opinione di chi è senza regole e senza etica per il semplice fatto che nei confronti di una persona non preparata sull' argomento è probabile che 10 sciocchezze contino più di una singola verità. La mia sensazione (da non addetto ai lavori) è che si stia, soprattutto negli ultimi anni, proponendo uno schema del tipo: vince comunque chi alza di più la voce e non chi ha realmente ragione dal punto di vista razionale. Non credo sia un bene e in questo vedo grosse responsabilità da parte del mondo dell' informazione.

dilemma filosofico. 1 + 1 fa 2 solo se prendiamo per vero un'astrazione mentale di base, ossia un postulato. altrimenti potrebbe fare anche 4.

Stefano, ma hai letto la discussione su che cosa voglia dire neutralità (o obiettività). Da quel che scrivi sembrerebbe di no.

Stefano, ma hai letto la discussione su che cosa voglia dire neutralità (o obiettività)? Da quel che scrivi sembrerebbe di no.

Leggo l'articolo soltanto ora quindi scusate il ritardo. Premesso che condivido in pieno la necessità di una maggiore divulgazione scientifica ed un approccio scientifico alle questioni, e infatti cerco di farlo nel mio piccolo con i mie figli (unico ambito nel quale io sono il “divulgatore”). La questione se mi pongo è però se una maggiore conoscenza scientifica modificherebbe realmente le posizioni intorno a certi argomenti. Ho l'impressione che quando si esce dal loro ambito specifico anche gli scienziati e più in generale le persone scientificamente competenti diventino irrazionali come tutti gli altri. Se esistono scienziati che credono nella omeopatia, solo per fare un esempio ma ci sono stati e ci sono tuttora scienziati razzisti, superstiziosi e così via, siamo sicuri che se tutti sapessero cos'è il DNA gli OGM sarebbero accettati ?

Dario dice: “È altrettanto banalmente ovvio che se il pubblico avesse davvero lo stesso livello di conoscenze degli esperti dei vari settori, e condividesse i loro modelli di ragionamento razionale, arriverebbe alle stesse conclusioni su vaccini, OGM e sperimentazione animale “

Davvero ? A meno che non si intenda che tutti debbano diventare esperti specialisti in tutto, ovviamente impossibile, è sufficiente condividere i modelli di ragionamento razionale e avere una buona conoscenza scientifica per arrivare alle stesse conclusioni, o almeno escludere le posizioni chiaramente irrazionali ed infondate ? Vorrei che fosse così ma non riesco a non essere pessimista.

E' come dici tu, Andrea: difficile spiegarlo qui in poche parole ma è esattamente come dici tu.

Non è che conoscendo il DNA si accettano gli OGM, bensì conoscendo quando cibo sarà richiesto fra 40 anni e conoscendo i tempi e l'impasse che vive il miglioramento genetico classico fino ad ora praticato che si ha la vera dimensione per comprendere che se non usiamo tutti gli strumenti a nostra disposizione presenti e futuri ( la cisgenesi e la transgenesi, vale a dire il procedimento per creare OGM secondo la definizione dataci, sono solo un mezzo, ma non la soluzione!) non ci sarà verso di sopportare la crescita demografica. Senza dimenticare che la fame e la presa di coscienza delle diseguaglianze sono sempre state le cause che hanno convinto i popoli, cioè quelli che vanno in prima linea a farsi ammazzare, ad accettare l'arruolamento.

Tieni anche presente che non è tanto l'aumento di produzione potenziale che è importante, ma il poter raccogliere e conservare tutto quanto già riusciamo a produrre.

Vi segnalo che vi è un lampante esempio di disinformazione dovuta a ignoranza totale degli argomenti su cui basa il suo ragionare sul Corriere delle Sera di oggi.

Si tratta dell'articolo di Susanna Tamaro che non ha seguito nessun consiglio tra quelli che qui stiamo tentando di analizzare per una corretta divulgazione.

http://www.salmone.org/wp-content/uploads/2013/06/corsera_28-6.pdf

Lei vuole i campi di grano pieni di papaveri perchè fa bene ai suoi occhi, ma dimentica che dietro quel campo vi è un agricoltore che campa raccogliendo tanti e non pochi chicchi di grano, come lei d'altronde si fa molti soldi (molti di più di quell'agricoltore) vendendo molti libri e non pochi. E guarda caso con quei soldi compra anche il pane e la pasta, ma forse vista la sua magrezza non è essenziale per lei che ci sia pane e pasta!

Riguardo all'utilità della sperimentazione animale, la posizione della comunità scientifica è di segno opposto. Secondo gli scienziati e i ricercatori, le reazioni fisiologiche ad uno stimolo sono molto complesse da prevedere; ad esempio, la complessità d'integrazione cellulare presente nel sistema nervoso centrale non può essere dedotta dalla funzione dei singoli componenti, lo stesso vale anche per il sistema immunitario , il sistema circolatorio e in generale tutti i sistemi fisiologici fondamentali. I modelli in vitro sono valide alternative per sistemi relativamente semplici ed isolati, tipicamente composti da popolazioni cellulari omogenee. Le simulazioni computerizzate necessitano di una conoscenza della funzione biologica e fisiopatologica dell'organismo molto solida; in assenza di tali informazioni ogni simulazione deve essere valutate in relazione agli aspetti che non include e restano non considerati. Secondo la comunità scientifica è dunque dalla complementarietà della sperimentazione in vivo , in vitro e in silico che è possibile un'evoluzione delle nostre conoscenze tale da favorire lo sviluppo di strategie terapeutiche efficaci, che utilizzino il minor numero possibile di test animali.

Ho trovato un altro riferimento che esprime più compiutamente quello che ti ho voluto dire nell'intervento sopra a te rivolto. Te lo posto perchè è interessante e dovrebbe far riflettere tutti quelli che vogliono informare con correttezza e compiutezza

http://www.thisisdevon.co.uk/Defra-chief-irresponsible-immoral-ignore-GM-foods/story-19384611-detail/story.html#axzz2XE06C835

Bello il pezzo di Bressanini, così come molto interessante il dibattito che ne è seguito. Intanto però oggi di OGM sul Corsera c'è un intera paginata di scempieggini a cura non di uno scienziato, non di un divulgatore, ma della Tamaro. Il che rende tutto il dibattito, e lo scrivo a malincuore, roba per pochissimi.

Alla Tamaro, alla quale ho mandato una mail di contestazione delle citazioni portate a suffragio del suo sproloquio, in particolare oltre a tante altre contestazioni gli ho fatto notare il paradosso del "polline secco" in questo modo:

"Un’ultima annotazione, che è poi una chicca che denota la sua ignoranza in fatti biologici. Il polline “secco” non feconda e come se io liofilizzaassi il mio sperma prima dell’accoppiamento; crede lei che io avrei avuto figli?"

Al che Lei mi ha risposto così:

"Un ultima cosa. La storia del polline secco l'ho vista con i miei occhi in un documentario di Markus Imhoof, More than honey. Vendevano delle bustine di polline secco e poi lo spalmavano sui fiori. Se lo procuri."

Queste sono le sue fonti bibliografiche!!!

Andrea, Dario ha scritto "se il pubblico avesse davvero lo stesso livello di conoscenze degli esperti dei vari settori", per cui sta facendo l'ipotesi, teorica, che effettivamente tutti siano specialisti in tutto. In quel caso ha ragione, le persone arriverebbero alle stesse conclusioni degli esperti. In ogni caso, credo che nessuno pensi che la soluzione possa essere che le persone frequentino un corso universitario prima di prendere una decisione. Basterebbe già che il metodo scientifico non fosse appannaggio esclusivo di una piccola parte della popolazione e che le opinioni si formino sulla base di dati di fatto e ragionamenti logici anziché dell'istinto e della pura emotività. Dopodiché ognuno è libero di sbagliare, ma consapevolmente.

Buon pomeriggio a tutti. Ho letto (quasi) tutti gli interventi di questo post che trovo molto interessante. Io non sono né uno scienziato né un giornalista anche se per lavoro mi capita di avere sotto mano articoli scientifici. Spero pertanto di poter portare il punto di vista del "signore della strada". 1) Personalmente considero scienza quella che è di base mentre considero tecnologia la ricaduta quotidiana della ricerca scientifica. Mi spiego: "cos'è" il DNA è scienza "come si usa" è tecnologia. E non ritengo la tecnologia sempre portatrice di verità inoppugnabili, ossia: 2+2 = 4 se mi fa comodo. Per carità, non voglio dire che gli OGM siano dannosi, ma mi irrito quando mi si racconta che le multinazionali degli OGM svolgano i loro studi per risolvere la fame nel mondo facendo passare questa cosa come verità scientifica!!! Mi piace ricordare una frase che mi pare di aver sentito dalla splendida professoressa Rita Levi Montalcini: "non tutto quello che è scientificamente possibile è eticamente lecito" 2) Sono un curioso e mi appassiono di un argomento se ne sento parlare o se ne leggo in articoli pubblicati da buoni giornalisti ma poi, per approfondire, preferisco la viva voce di chi ha fatto lo studio. 3) Ritengo che buoni divulgatori siano coloro che riescono a parlare a me (uomo della strada) del proprio lavoro in maniera semplice. Condivido quanto riportato in un commento precedente al mio circa Einstein e le nonne... 4) Ritengo infine che uno scienziato onesto debba essere cosciente (e comunicare) che le conclusioni a cui è giunto dopo le sue ricerche sono vere...fino a prova contraria!! che magari potrà arrivare dopo decenni ma fino ad adesso sembra essere quasi inevitabile. Ringrazio tutti per l'attenzione

Massimo: il pezzo della Tamaro è francamente imbarazzante (ancora gli OGM sterili? Ma dai....) . Non si capisce perché un "letterato" in Italia si senta in diritto di scrivere di qualsiasi cosa senza fare un minimo di ricerche.

Salvo: certamente, non possiamo diventare esperti in tutto.

Danilo: alcuni dei punti che citi li discuterò nei prossimi articoli. Sicuramente gli aspetti etici sono quelli che più spesso si mescolano a quelli scientifici nel giudizio delle varie persone su temi caldi (OGM, sperimentazione animale, cellule staminali ecc). L'etica deve essere tenuta comunque fuori da una discussione puramente scientifica, visto che è personale e cambia nel tempo e con le culture, e intervenire solo dopo che si è costruita una base scientifica condivisa per la discussione. Altrimenti si rischia di fare come fanno molti animalisti, che per sostenere la loro visione etica (rispettabile, ma che io non condivido) sull'uso di animali per la sperimentazione, arrivano a sposare delle falsità scientifiche solo perché vanno nella direzione da loro auspicata (ad esempio sostenere che ora TUTTE le sperimentazioni animali sono sostituibili con altre tecniche)

Articolo meraviglioso, luce dei mie occhi e della mia mente, dovreste essere promosso come editoralista del corrriere della sera e vedere i tuoi editoriali in prima pagina al posto di quelli insulsi di Galli della Loggia.

Non lasciarci soli nelle mani di Bertaglio & C su FQ che per noi resistenti razionali si fa sempre più dura ...

Tony, sul Fatto online ho smesso di scrivere per i motivi che ho spiegato. E nelle ultime settimane mi sono straconvinto che ho fatto bene, vedendo certe cialtronate pubblicate.

Ma la molla che spinge un individuo (non per forza uno scienziato, visto che molte volte bravissimi divulgatori sono giornalisti come Piero Angela e a volte famosi scienziati prendono cantonate quando parlano di ambiti scientifici al di fuori della loro specializzazione) a fare il divulgatore, a parte il possibile ritorno economico, è razionale o passionale?

Io scommetterei 2 cents sulla seconda anche perchè il senso del dovere sociale è un concetto piuttosto vago e di tipo culturale, non di certo scientifico.

alby: beh, sicuramente passionale. A me piace molto raccontare la scienza, ad esempio. Ancora di piu' quando vado a parlare nelle scuole. Molti bravi divulgatori che conosco sono appassionati di scienza e vogliono trasmettere la loro passione ad altri

Ero piuttosto propenso a considerare alte le mie probabilità di vincere 2 cent

Il problema è che spesso le passioni sono fuorvianti e diversi divulgatori o commentatori nei blog, sono poco critici verso i propri meccanismi psicologici ed emotivi e non si rendono conto che inconsapevolmente mescolano visioni personali economiche e culturali con informazioni scientifiche "neutrali", senza saper distinguere le questioni e a volte inalberandosi o rispondendo con battute di facile effetto che eludono i pronlemi e trattano gli altri come se fossero tutti troll o avessero l' anello al naso.

P.S: guarda che l' affermazione di Shapiro che candidamente finge di scendere dal pero e immagina i suoi "prodotti come grandi doni sia per gli agricoltori che per l’ambiente" fa parte del marketing e non ha nulla a che fare con un "sano" atteggiamento scientifico verso le coltivazioni transgeniche. E gli esperti di comunicazione di Monsanto (come quelli di Nestlè o della BP) non sono per nulla degli sprovveduti ma professionisti di buon livello ed ottimi stipendi.

Il vero problema dell' accettazione delle piante gm presso il grande pubblico è che questo non le ha mai viste "dal vivo" ed è bombardato da un serie di informazioni o apocalittiche (tutte o quasi fuffa) o agiografiche che non è capace di collegare ad aspetti CONCRETI della sua realtà quotidiana.

[...] l’articolo di Dario si può leggere qui. Le mie scuse per il link mancante. Condividi:FacebookTwitterStampaLinkedInGoogle [...]

L'impressione che mi sono fatto è che più che parlare in modo semplice per essere capiti, bisognerebbe parlare in modo divertente per convincere. Avete mai visto come parla Grillo nei suoi spettacoli quando parla di tecnologia? Vi consiglio di guardarvi, con estrema cautela mi raccomando, uno dei suoi video. Dice un sacco di baggianate, ma è divertente e quindi riesce convincere le anime belle. Comincia esponendo gli aspetti negativi della tecnologia che vuole criticare, con voce piagnucolosa ed esagerazione, senza dimenticare di precisare che la vecchia tecnologia è in mano a multinazionali. Solo poi tira fuori la nuova tecnologia, quella buona. E sempre facendo lo show-man: - Günther komm hier! E arriva Günther lo svizzero con l'auto ad idrogeno. Della nuova tecnologia non parla in termini tecnici, ma fa notare solo i suoi pregi e sempre in maniera comica: La mamma che si avvicina col bambino raffreddato al tubo di scarico per fargli respirare i vapori contro la tosse. La stessa metodica si potrebbe fare anche con tecnologie "malviste" come gli ogm. La competenza e/o la capacità di parlare in modo semplice, come ad esempio farebbero un Bressanini o un Piero Angela, non bastano. Possono piacere a chi ha già una cultura o scientifica o un interesse per la scienza, ma non a chi è stato manipolato per anni dai mass media e dalla pubblicità della coop. Per questi ci vuole una persona che oltre che (o anziché) ragionare li faccia divertire. Ritengo sarebbe più efficace pagare bene un comico, spiegarli l'argomento da trattare e lasciar fare a lui. Questa cosa di aggiungere qualcosa di divertente alla divulgazione e/o renderla meno spersonalizzata per il momento l'ho notata solo in Antonio Pascale. Come quando spiega gli ogm, parlando prima a lungo della dura vita di suo nonno contadino?

C'è poi l'aspetto del look. Certe persone hanno più fiducia di un guru che di uno scienziato in camice o un divulgatore in giacca e cravatta. Non credo che Vandana Shiva si vesta cosí solo perché indiana. E' dura accusare un uomo in sandali, con i capelli lunghi raccolti in una coda e magari una spilla col simbolo di pace, d'essere venduto alle multinazionali. Parlando di divulgatori seri con look estrosi prendete Richard Stalmann, oppure Margherita Hack; ricordo che ad una conferenza di divulgazione si presentó in pantofole; eppure, forse proprio per quello, anche la massaia di Voghera la conosceva come una grande scienziata.

Ecco, mandiamo in giro Boncinelli in ciabatte, hai visto mai...

[...] se ne dimenticano o peggio, sottovalutano questo aspetto. Eccomi qui con la seconda parte dei “Consigli non richiesti a giovani scienziati aspiranti divulgatori”. Questa volta parliamo di parole, se mi perdonate il facile gioco di parole [...]

[...] Spesso mi scrivono giovani ricercatori o studenti chiedendomi come si diventa divulgatori scientifici. Come si “diventa” non lo so: io ho iniziato quasi per caso e non lo faccio per professione.  [...]

Un ottimo articolo. Mi ha reso consapevole degli errori enormi che ho commesso fino ad ora nel cercare di fare "divulgazione scientifica". Grazie

[...] diverse da quelle che definisce “degli esperti”, attribuisce il fenomeno alla pura ignoranza. Citiamo: “È [...] banalmente ovvio che se il pubblico avesse davvero lo stesso livello di conoscenze [...]

A mesi di distanza leggo a grandi linee la discussione tra la giornalista e gli altri, anche se non serve a niente commento anche io.

A parte il fatto che l'idea di uno che se deve scrivere di fisica chiama qualcuno e chiede (come scritto sopra da Daniela) è una cosa terribilmente ingenua secondo me, non capisco perché mai uno dovrebbe essere neutrale nei confronti della scienza.

Più che altro non capisco, neutrale tra scienza e chi? Quale sarebbe l'altra campana?

Perché per definizione di metodo scientifico si afferma ciò che è empiricamente dimostrato, descritto, come si riconosce ciò che non avviene etc ma una volta che ciò è accaduto non capisco cosa altro ci sia da dire se non si è scienziati o se comunque non si hanno solide basi scientifiche in termini di formazione.

Ci sono forse dubbi sul fatto che i frigoriferi raffreddi e perché?, o sul fatto che le lampade illuminino?

Sui dati di fatto non ci sono altre campane, sulle discussioni non c'è spazio per i non specializzati se no non si finirebbe più.

NON ho letto tutto-Osservo che LA SCIENZA cambia spesso opinione...Nell' 800 la SCIENZA medica curava i tisici con le sanguisughe

e il colera con l' omeopatia. Poi alla luce delle evidenze sperimentali qualcuno ha cambiato opinione. E qualcuno no.

Bruschetta di pomadora e fungi ripiene

l’Arborio? Mai mangiato, e forse neanche il Carnaroli

La scienza del caffè con la Moka

Riflessioni di uno scienziato divulgatore. Parlare ai biodinamici

Respira di più e i chili vanno giù

Due o tre cose che so della meringa italiana

FOOD. La scienza dai semi al piatto

Le ricette scientifiche: la crema pasticcera più veloce del mondo

Perché non possiamo non dirvi antiscientifici

La chimica del bignè - The movie

La scienza della pasticceria, o della chimica del bignè

Il mio problema con Greenpeace

Mettiamo dei (cavol)fiori nei nostri micro. (3)

Mais OGM: un bigino per i neoministri

Omeopatia non è curarsi con le erbe. Omeopatia è diluizione

Quanto sono esperti i giudici “esperti” assaggiatori di vino?

Lo zucchero più costoso al mondo

Quel microonde (impropriamente) chiamato forno. (1)

La bufala della dieta alcalina

Ma il vino biodinamico è buono?

Uno studio sul vino biodinamico

Patate viola e cavolfiori rosa

Buon estratto di Natale a tutti

Le ricette scientifiche: l'estratto veloce di vaniglia

Dieci VERO o FALSO sul biologico

Vedere gli atomi con la mente. Una storia in molto piccolo

Le parole sono importanti (consigli ad aspiranti divulgatori #2)

Perché ci piacciono i sapori che ci piacciono?

Le tre fasi del sorbetto

Il Made in Italy contaminato dagli OGM

Consigli non richiesti a giovani scienziati aspiranti divulgatori

Vino e biodinamica. The movie

Che ne sai tu di un campo di Kamut®

Le ricette scientifiche: la cacio e pepe

Consigli di lettura a Beppe Grillo e al Ministro De Girolamo

Il glucosio: diffusissimo ma poco noto

Mangia cioccolato e vinci il premio Nobel

Meringhe di latte e riduzionismo gastronomico

Le ricette scientifiche: liquorino di liquirizia

L'origine della Carbonara. Il commissario Rebaudengo indaga

Darwin e l'innaturalità del bere latte

E per chi al Festival della Scienza non c'era...

Le ricette scientifiche: la meringa svizzera

Miti culinari 8: le patate conservate diventano tossiche

Le ricette scientifiche: l'estratto di vaniglia

OGM: la Corte di Giustizia UE boccia il Ministero

Pasta alla bolognese e altre storie

Sapori di montagna: i Rundit

Scienza in Cucina in video

Le calorie contano, non le proteine

L'agricoltura biologica non sfamerà il mondo

Cubici e trasparenti. Cristalli di sale (5)

Le ricette scientifiche: mascarpone fai-da-te

Il triticale, un OGM ante litteram

Miti culinari 7: ossidazione e coltelli di ceramica

Sui grumi della farina e dell'amido

le Ricette Scientifiche: la besciamella

Di cibi acidi, alcalini, e meringhe colorate

Chiamate Striscia la Notizia! I piccoli cuochi molecolari!

Francesco Sala, l’eretico degli OGM italiani

Zero Chimica 100% Naturale. Sì, come no!

Il sale di Maldon (homemade). Cristalli di sale (4)

Il peso del sale. Cristalli di sale (3)

Cristalli di sale (2): quanto sale si scioglie nell’acqua?

Il ritorno di Pane e Bugie: il difficile compito di raccontare la scienza

Pericoli dal cibo: ora tocca ai meloni

Non toccate l’omeopatia (e la multinazionale Boiron)

Quanti gradi nel mio vino? (Con quiz)

Ancora sul ragù alla bolognese

Le ricette scientifiche: il ragù alla (quasi) bolognese

Le ricette scientifiche: il tonno scottato ai semi di sesamo

Paperino eroe per caso della chimica a fumetti

I giochi matematici di Fra’ Luca Pacioli

Vaniglia III: tra vaniglia e vanillina

Biodinamica®: cominciamo da Rudolf Steiner

Uve da vino: una grande famiglia

Le ricette scientifiche: il pesto (quasi) genovese

Il caso del pomodoro di Pachino

Il burro di cacao e l’etichetta del cioccolato

Saluti gastronomici dalla Sardegna: sa fregula

Le ricette scientifiche: il Dulce de Leche

Pesce di mare e di acqua dolce

Sapori d’alpeggio III: mirtilli

Neurogastronomia: il vino costoso è più buono?

Politeisti alimentari (secondo il Censis)

Il matrimonio tra pesci e acidi

Mangia (troppo e male) e poi muori

Appunti di viaggio – la carne

Sfida agli Chef. Un ingrediente in cerca di ricette

Agar, una gelatina che viene dal Giappone

Saluti gastronomici dalla Val d’Orcia

Il Senatore Cappelli e gli altri grani di Nazareno Strampelli

Amflora, la patata per la carta

I detective della mozzarella di bufala

Il Ministero della salute vieta il lievito istantaneo. Ok all’azoto liquido

Dieci risposte a Carlo Petrini sugli OGM

Via libera al mais OGM dal Consiglio di Stato anche senza piani di coesistenza

Arance anticancro e diete vegetariane

OGM: più che lo Slow poté il Fast Food

Che cos’è naturale. 1 – Atomi smemorati

Il Conte Rumford e la cottura a basse temperature

Un pranzo di Natale per sei persone con due capponi e 12 lire

Come l’acqua con il cioccolato

Tutti i gradi del peperoncino

Un OGM buono, pulito e giusto

Cosa (non) mangiavano gli italiani una volta

Un menù di 75 anni fa: Ottobre 1934

Un (vino) Primitivo in California

Norman Borlaug, l’uomo che ha nutrito il mondo

Appunti di viaggio – al supermercato (3) ortaggi

Appunti di viaggio – al supermercato (2)

Appunti di viaggio – al supermercato (1)

Le ricette scientifiche: il gelo di mellone

Appunti di viaggio: agricoltura, bio e non

Appunti di viaggio: la pizza

Quattro chiacchiere su alimentazione e chimica

Un esperimento con liquidi ed emulsioni

Gelato OGM. Ma quando mai! Anche il formaggio allora…

Miti culinari 6: lo zucchero veleno bianco

Le ricette scientifiche: la pita all’acqua gassata

Bicarbonato, lievito chimico o baking soda?

Il finto scoop di Striscia la Notizia

Saluti (gastronomici) dalla città eterna, con tanto di (a)matriciana

Miti culinari 5: le virtù dello zucchero di canna

Sulle proprietà endocroniche della Tiotimolina risublimata

Il bollito non bollito di Massimo Bottura

OGM: le ragioni di chi dice no

Il poeta e lo scienziato

Gastronomia darwiniana. Se è speziato, un motivo c’è

Le difficolta' del pane biologico

Il vino di Luca Pacioli

Le ricette scientifiche: il pollo Teriyaki

OGM: il ritorno di Schmeiser

Le ricette scientifiche: il maiale alla birra

Il glutine: chi lo cerca e chi lo fugge

Miti culinari 4: il cucchiaino nella bottiglia

Le ricette scientifiche: lo spezzatino base

Il buon latte crudo di una volta

Gli Ogm NON sono sterili, passando da Vandana Shiva (e Veltroni) a Nanni Moretti

BioWashBall, birra e l'esperimento di controllo

Pentole e Provette, la chimica ai fornelli

Che cos'e' lo zucchero invertito

Il Ministro Gelmini e Nature (contro i concorsi)

Il Fruttosio, lo "zucchero della frutta"

1934: sigillatura della carne e riviste d'annata

Ricette letterarie: il risotto di C. E. Gadda

Le ricette scientifiche: il guacamole

Ig Nobel italiano per il suono delle patatine

Monsanto contro Schmeiser, l'agricoltore "contaminato" dagli OGM

Le ricette scientifiche: la granita (algebrica)

Il diagramma di fase della granita

Il buco nero al CERN e la noce moscata

Chimica (e ricette) in versi

Le ricette scientifiche: il cioccolato Chantilly

Le ricette scientifiche: la panna montata

Contro la "spesa a chilometri zero

Requiem per una formula. Dramma in sei atti con sei personaggi

Vino al veleno e velenitaly, reprise

Un economista al (super)mercato

Chiarificare l'impossibile con i filtri molecolari

Non si butta via niente 2

Le ricette scientifiche: la carbonara

Miti culinari 3: la sindrome da ristorante cinese

Le ricette scientifiche: le meringhe

Miti culinari 2: il sale per montare gli albumi

La dolce neve della cucina

Quando Nature si occupa dell'Italia

Non si butta via niente

Mais, Micotossine e le "Precauzioni"

Al sangue, media o ben cotta?

Superboy e la camera a nebbia

Un uso alternativo per la Ketchup

Miti culinari 1: la sigillatura della carne

Il segreto di una buona bistecca (ma non solo) si chiama Maillard

L'OGM che non é mai esistito

Sei diventato Nero, Nero, Nero...