Cos'è la reazione a catena della polimerasi (PCR), come avviene e che applicazioni ha

2022-11-07 16:03:40 By : Ms. Tracy Cui

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La PCR ha rivoluzionato le sorti della medicina, della biologia e di ciò che sappiamo sulla nostra storia. Scopriamo in cosa consiste la reazione a catena della polimerasi.

La reazione a catena della polimerasi, in inglese Polymerase Chain Reaction o PCR, è una tecnica di biologia molecolare inventata nel 1983 che permette di replicare in maniera selettiva degli specifici tratti di DNA. Questo processo, che avviene in natura all'interno di tutte le cellule viventi, viene riprodotto in vitro in ambiente controllato e applicato in campo medico e diagnostico, forense e nelle analisi alimentari. Capiamo insieme in cosa consiste la PCR, quali sono i suoi ingredienti e le sue fasi principali.

Se non ricordate com'è fatto il DNA vi schiarisco la memoria. L'acido desossiribonucleico (DNA) è costituito da due lunghi filamenti di zucchero (il desossiribosio) a cui sono legate le cosiddette basi azotate, che vengono indicate con le lettere A, T, C e G e rappresentano (con un po’ di fantasia) i pioli che compongono la scala del DNA (vedi immagine sottostante). Sono composti organici contenenti azoto che collegano assieme i due filamenti di zucchero in modo complementare formando quella che viene chiamata "doppia elica".

L'adenina si lega sempre con la timina e la guanina con la citosina: ciò vuol dire che analizzando un filamento di DNA i pioli saranno formati da coppie A-T e C-G che si uniscono grazie ai legami idrogeno come fossero due pezzi di un puzzle. Il DNA si compatta poi a formare i cromosomi, dei superavvolgimenti dalla tipica forma a bastoncino. Ciò che rende il DNA unico tra una specie e un'altra e tra un individuo e l'altro è l'ordine con cui le basi sono posizionate sul DNA, la sua sequenza.

La PCR è una tecnica di biologia molecolare utilizzata per produrre rapidamente (o per meglio dire amplificare) un elevatissimo numero di copie in vitro di uno specifico segmento di DNA, che può quindi essere studiato in modo più dettagliato. Fu inventata nel 1983 a Berkeley, in California, dal biochimico statunitense Kary Banks Mullis e dal collega Michael Smith, entrambi vincitori del Premio Nobel per la chimica 1993.

La PCR funziona un po' come una fotocopiatrice che, partendo da un segmento di DNA e conoscendone il punto di inizio e di fine, ne riesce a produrre più copie identiche in breve tempo. In realtà, se vogliamo, la macchina che si utilizza nella PCR è più simile ad un'incubatrice per produrre lo yogurt in casa, visto che si effettuano i cicli di "copiatura" modulando la temperatura e il contenuto delle provette. Se, detta così, questa tecnica non vi dice molto… continuate a leggere perché risponderemo a tutte le domande sul tema e approfondiremo le sue principali applicazioni.

Il primo step per effettuare la PCR è quello di misurare e mixare con un ordine preciso tutti i reagenti necessari all'interno di una provetta. Questa sarà poi inserita in un macchinario chiamato termociclatore. Nello specifico gli ingredienti che ci serviranno sono:

Come avremo capito lo scopo della PCR è quello di ricreare, a partire da un numero molto basso di molecole di DNA, un numero elevato di copie identiche alla molecola madre. Il principio su cui si basa questa tecnica è la naturale replicazione del DNA che viene effettuata, però, in vitro in ambiente controllato. Una volta creato il nostro mix, quindi, le provette vengono inserite nel macchinario e portate a specifiche temperature per qualche secondo, dando modo alle reazioni di avvenire. Ad ogni ciclo il numero di filamenti aumenta fino a raggiungere circa 2 miliardi (2.000.000.000) di copie attorno al 31° ciclo (o, se non abbiamo fatto bene i calcoli degli ingredienti, quando i reagenti sono terminati). Per arrivare a questi numeri possono bastare solamente dalle 2 alle 4 ore all'interno del macchinario! Ora analizziamo le tre fasi in ordine: denaturazione, appaiamento, estensione.

In questa prima fase si alza la temperatura fino a circa 90°C o più permettendo al doppio filamento di DNA di separarsi in due, aprendosi come fosse una cerniera lampo. Questo avviene perché si rompono i legami idrogeno che tengono assieme i filamenti complementari del DNA contenenti la regione da amplificare.

Abbassando la temperatura tra i 50 e i 60° C circa, si favorisce l'appaiamento dei primers, due segmenti formati da oligonucleotidi che definiranno gli estremi della regione bersaglio. Hanno una lunghezza di circa 15-30 basi e si uniranno in maniera complementare al DNA stampo nella porzione di nostro interesse, formando delle porzioni che fungeranno da innesco. In una stessa reazione di PCR si utilizzano più primer differenti.

In questa fase la temperatura viene fatta risalire attorno ai 72°C in modo che la polimerasi (termostabile anche ad alte temperature) sintetizzi i nuovi filamenti complementari nella direzione corretta, aggiungendo uno dopo l'altro i nucleotidi (i nostri mattoncini) complementari al filamento stampo. In vitro si usa generalmente la Taq polimerasi, un enzima estratto dal batterio Thermus aquaticus che resiste alle alte temperature e non si denatura durante i cicli. In questo modo si ricrea il doppio filamento che sarà quindi formato da una stringa "originale" e una complementare nuova di zecca. Ipotizzando di essere partiti da 1 filamento di DNA a doppia elica alla fine del primo ciclo avremo ottenuto 2 filamenti a doppia elica. Al termine di questa fase la temperatura torna a salire fino a 90°C, denaturando nuovamente i filamenti e facendo ricominciare il ciclo.

Le fasi della PCR appena descritte avvengono all'interno di un termociclatore, una macchina appositamente realizzata per compiere cicli di amplificazione a temperature e tempi variabili. La macchina non fa altro che riprodurre ciò che viene programmato manualmente e cioè eseguire automaticamente le varie fasi in ordine, seguendo i tempi e modulando le temperature. Dopo anni e anni di prove ed errori oggi sappiamo che alcuni frammenti di DNA chiamati marker, ad esempio, si possono amplificare molto bene seguendo dei cicli termici prestabiliti, ma quando si fa ricerca è molto comune dover tarare i cicli termici ad hoc (allungando o accorciando le fasi e alzando o abbassando la temperatura di qualche grado o decimo di grado).

Teoricamente dopo n cicli di reazione il miscuglio contiene un numero massimo di molecole di DNA a doppia elica pari a 2n (crescita esponenziale) anche se nella pratica questo numero è inferiore. Dopo 30 cicli in teoria si possono ottenere fino a 230 molecole di DNA identiche, cioè più di un miliardo di copie! La reazione terminerà non appena si concluderanno i cicli, quando i reagenti verranno meno o in caso siano presenti nelle provette inibitori di varia natura.

La PCR è utilissima e applicata principalmente:

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