L'apocalisse prossima ventura?

2022-11-07 16:06:04 By : Ms. Leena Wang

A volte è bene (direi utile, se non necessario) riprendere in mano qualche libro considerato vecchio (e, magari, noioso) o riascoltare una canzone di qualche decennio fa poco conosciuta già allora. Cose “passate di moda” che, a volte, risultano essere attuali. Così ci si imbatte in pagine ingiallite e nel fruscio di qualche disco e si resta stupiti. Anche perché non si ricordavano con precisione le frasi e i versi che si stanno leggendo e ascoltando.

Si, nella memoria riaffiorava la sensazione che sarebbe stato interessante scoprire se quelle cose diventate quasi “antiche” (eh già, in questa epoca che stiamo vivendo tutto corre via e passa veloce davanti ai nostri occhi e nelle nostre orecchie di spettatori spesso passivi) avessero a che fare con quello che stiamo vivendo.

Ebbene, quando ci si accorge che certe questioni trattate sono le stesse che dovrebbero essere affrontate oggi, si diventa coscienti che forse è solo la forma, il modo di scrivere o di interpretare una canzone ad essere invecchiati (ma, poi, neanche tanto). Le questioni (piene di problemi non risolti, di paure, di pericoli per l’umanità) che i loro creatori hanno voluto denunciare sono le stesse che stiamo vivendo oggi e che non possiamo derubricare a normalità.

Possiamo restare indifferenti? Possiamo rassegnarci e continuare ad essere spettatori?

O non dobbiamo, forse, aprire gli occhi, alzare la testa, opporci con tutte la nostra forza e la nostra intelligenza a quello che sta arrivando?

Non c’è alternativa. Dobbiamo essere vivi e, quindi, lottare.

Il testo che è bene rileggere è l’ultima pagina de “La coscienza di Zeno” di Italo Svevo, pubblicato nel 1928. La canzone è “Porton Down” di Peter Hammil, pubblicata nel 1979.

Buona lettura e buon ascolto.

Il dottore, quando avrà ricevuta quest’ultima parte del mio manoscritto, dovrebbe restituirmelo tutto.

Lo rifarei con chiarezza vera perché come potevo intendere la mia vita quando non ne conoscevo quest’ultimo periodo?

Forse io vissi tanti anni solo per prepararmi ad esso! Naturalmente io non sono un ingenuo e scuso il dottore di vedere nella vita stessa una manifestazione di malattia. La vita somiglia un poco alla malattia come procede per crisi e lisi ed ha i giornalieri miglioramenti e peggioramenti. A differenza delle altre malattie la vita è sempre mortale. Non sopporta cure. Sarebbe come voler turare i buchi che abbiamo nel corpo credendoli delle ferite. Morremmo strangolati non appena curati.

La vita attuale è inquinata alle radici. L’uomo s’è messo al posto degli alberi e delle bestie ed ha inquinata l’aria, ha impedito il libero spazio. Può avvenire di peggio. Il triste e attivo animale potrebbe scoprire e mettere al proprio servizio delle altre forze. V’è una minaccia di questo genere in aria. Ne seguirà una grande ricchezza… nel numero degli uomini. Ogni metro quadrato sarà occupato da un uomo. Chi ci guarirà dalla mancanza di aria e di spazio? Solamente al pensarci soffoco!

Ma non è questo, non è questo soltanto. Qualunque sforzo di darci la salute è vano.

Questa non può appartenere che alla bestia che conosce un solo progresso, quello del proprio organismo. Allorché la rondinella comprese che per essa non c’era altra possibile vita fuori dell’emigrazione, essa ingrossò il muscolo che muove le sue ali e che divenne la parte più considerevole del suo organismo. La talpa s’interrò e tutto il suo corpo si conformò al suo bisogno. Il cavallo s’ingrandì e trasformò il suo piede. Di alcuni animali non sappiamo il progresso, ma ci sarà stato e non avrà mai leso la loro salute.

Ma l’occhialuto uomo, invece, inventa gli ordigni fuori del suo corpo e se c’è stata salute e nobiltà in chi li inventò, quasi sempre manca in chi li usa.

Gli ordigni si comperano, si vendono e si rubano e l’uomo diventa sempre più furbo e più debole. Anzi si capisce che la sua furbizia cresce in proporzione della sua debolezza.

I primi suoi ordigni parevano prolungazioni del suo braccio e non potevano essere efficaci che per la forza dello stesso, ma, oramai, l’ordigno non ha più alcuna relazione con l’arto. Ed è l’ordigno che crea la malattia con l’abbandono della legge che fu su tutta la terra la creatrice. La legge del più forte sparì e perdemmo la selezione salutare.

Altro che psico-analisi ci vorrebbe: sotto la legge del possessore del maggior numero di ordigni prospereranno malattie e ammalati.

Forse traverso una catastrofe inaudita prodotta dagli ordigni ritorneremo alla salute.

Quando i gas velenosi non basteranno più, un uomo fatto come tutti gli altri, nel segreto di una stanza di questo mondo, inventerà un esplosivo incomparabile, in confronto al quale gli esplosivi attualmente esistenti saranno considerati quali innocui giocattoli.

Ed un altro uomo fatto anche lui come tutti gli altri, ma degli altri un po’ più ammalato, ruberà tale esplosivo e s’arrampicherà al centro della terra per porlo nel punto ove il suo effetto potrà essere il massimo.

Ci sarà un’esplosione enorme che nessuno udrà e la terra ritornata alla forma di nebulosa errerà nei cieli priva di parassiti e di malattie.

(Peter Hammill – 1979) – qui altri articoli dell’autore sull’artista

https://www.youtube.com/watch?v=Do5raqQZouQ

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