Gli scienziati trovano per la prima volta microplastiche nel sangue umano

2022-11-07 16:04:26 By : Ms. Cherry Hu

È trascorso appena un anno dallo studio condotto dall’Ospedale Fatebenefratelli di Roma e dal Politecnico delle Marche in cui i ricercatori hanno rilevato frammenti di microplastiche nella placenta di sei donne sane. Ed eccoci qui a parlare di ciò che già si supponeva, e cioè che le dimensioni dei campioni di microplastiche raccolti si aggirano intorno a valori compatibili con un possibile trasporto ematico.

Uno studio olandese pubblicato il 24 Marzo 2022 sulla rivista Environment International, infatti, ha esaminato campioni di sangue di 22 volontari sani e anonimi e ha trovato microplastiche in quasi l’80% di loro.

Nonostante l’impegno dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) nel pubblicare rapporti sui potenziali rischi per la salute umana associati all’esposizione alle microplastiche nell’ambiente, è oggi più che mai importante valutare che:

«Questa è la prima volta che siamo stati effettivamente in grado di rilevare e quantificare tali microplastiche nel sangue umano», ha affermato Dick Vethaak, un ecotossicologo presso la Vrije Universiteit Amsterdam.

Heather A. Leslie e collaboratori sono ricercatori dell’Università di Vrije, ad Amsterdam, e pochi giorni fa hanno portato alla ribalta l’importanza dell’inquinamento da microplastiche. In particolare, tutti noi sappiamo ormai da tempo che le particelle di plastica sono inquinanti onnipresenti nell’ambiente e nella catena alimentare, ma nessuno studio fino ad oggi ha mai riportato dati inerenti l’esposizione alle suddette particelle nel sangue umano.

Per capire bene in che modo è stato svolto lo studio è importante definire le dimensioni: parliamo di microplastiche per dimensioni inferiori a 5 millimetri. Questa definizione include comunemente pezzi di plastica in nano-scala, < 1 μm di dimensione. L’obiettivo dei ricercatori è stato, quindi, quello di sviluppare un metodo analitico e di campionamento robusto e sensibile per misurare le particelle di plastica ≥700 nm nel sangue intero umano da 22 volontari sani. A tale scopo è stata utilizzata la tecnica di pirolisi double shot combinata alla gascromatografia/spettrometria di massa. Con queste tecniche e considerando dei volumi idonei per essere assorbiti dalle cellule del corpo umano, sono stati identificati e quantificati quattro polimeri ad alto volume di produzione applicati nella plastica. Quelli maggiormente riscontrati sono stati il polietilene tereftalato, il polietilene e i polimeri di stirene, seguiti dal poli metil metilacrilato.

Diciassette dei campioni di sangue mostrava tracce di plastica PET, ampiamente utilizzata per realizzare bottiglie per bevande, mentre più di un terzo aveva polistirolo, utilizzato comunemente per i contenitori per alimenti usa e getta.

Grazie all’utilizzo di tecniche di spettroscopia, ad oggi sono molte le pubblicazioni che riportano l’abbondanza di particelle che vengono identificate come plastiche. Nello specifico, la spettroscopia ha contribuito alla caratterizzazione in termini di dimensione delle particelle, di forma, di carica superficiale e molto altro. Senza dubbio, questo ha permesso di rafforzare la nostra comprensione del processo HRA, ovvero la valutazione del rischio per la salute umana. La misurazione dell’esposizione alle particelle di plastica è essenziale per l’HRA, ma mancano metodi convalidati sufficientemente sensibili da rilevare tracce di frazioni di microplastiche per le matrici biologiche.

In questo studio (così come in molti laboratori) sono state valutate diverse tecniche considerate complementari per lo studio di microinquinanti ambientali. In particolare, spesso vengono adottate tecniche basate sulla spettrometria di massa ad assorbimento termico per identificare e quantificare la massa dei singoli polimeri in un campione.

Il campione preso in esame dallo studio è il sangue, ed è stato raccolto in provette di vetro eparinizzato da 10 ml e conservato nel congelatore a -20 °C fino all’analisi. Il ruolo del sangue come via di trasporto lo rende una matrice adatta per il biomonitoraggio umano delle microplastiche. Il grado di miscelazione all’interno di un flusso sanguigno, nel suo insieme, è considerato elevato negli individui sani, con contaminanti ambientali distribuiti in diverse fasi (acquosa, lipidica, proteica) in tutto il sistema circolatorio. Si presume, quindi, che i livelli di microcontaminanti ambientali misurati nei campioni di sangue venoso siano indicativi per l’intero flusso sanguigno, compreso il sistema microvascolare.

A causa della varietà di interferenze e particelle non plastiche che potrebbero essere presenti in un dato campione di sangue, per i ricercatori è stato importante sviluppare metodi che confermassero sia i tipi di polimero che le concentrazioni presenti. Le misure adottate per garantire la qualità dei dati sono state la riduzione e il controllo della contaminazione di fondo durante il campionamento, l’estrazione e l’analisi attraverso l’inclusione di un gran numero di bianchi (bianchi di campionamento, bianchi procedurali per l’esperimento e analisi del sangue dei donatori), reporting dei limiti di calcolo ed esecuzione di analisi duplicate.

Il tutto ha permesso la rilevazione di una concentrazione massima di PET analizzata in un campione di sangue che ammontava a 2,4 µg/ml. In media, per tutti i polimeri analizzati, sono state misurate concentrazioni pari a 1,6 µg/ml. Infine, sono stati misurati fino a tre diversi tipi di polimeri in un singolo campione (Fig. 3).

Attualmente le domande sul destino biologico delle particelle di plastica sono molte. Qual è il potenziale bioaccumulo nella popolazione generale e nei lavoratori esposti sul lavoro? Quali sono gli effetti tossicologici e sulla salute umana che possono derivare da diversi scenari di esposizione?

Si tratta sicuramente di un problema crescente che necessita di ulteriori indagini, e lo studio finora analizzato è solo un primo passo. Se da una parte è ormai scientificamente provato (ad esempio dalle scienze della somministrazione dei farmaci) che le microplastiche possano essere trasportate agli organi attraverso il flusso sanguigno, dall’altra c’è da considerare che l’HRA richiede dati raccolti e misurati empiricamente. Senza tali dati, non è possibile convalidare modelli di assorbimento e non è possibile fare una vera e propria valutazione del rischio.

Inoltre, resta da determinare se le particelle di plastica sono presenti nel plasma o sono trasportate da tipi cellulari specifici. Se, ad esempio, le particelle di plastica presenti nel flusso sanguigno fossero trasportate dalle cellule immunitarie, sorge anche la domanda: tali esposizioni possono potenzialmente influenzare la regolazione immunitaria o la predisposizione a malattie a base immunologica?

Bisognerà aspettare il lavoro dei ricercatori per avere maggiori chiarimenti e informazioni.

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